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Bruxelles occhieggia troppo alla Cina sul Mes. Parla David Borrelli (M5s)

La concessione dello status di economia di mercato alla Cina da parte dell’Unione europea è un caso ancora caldo. Nessuna decisione è stata presa, gli interessi statali sono i più diversi e una linea comune non c’è. Lo scorso gennaio, pressato da un Parlamento tendenzialmente contrario – secondo l’interpretazione degli umori più ricorrenti – il presidente della Commissione Juncker aveva deciso di posticipare il tutto all’estate, in attesa di ponderare meglio la situazione. Ora la Commissione, tentando di uscire dal cul de sac, ha lanciato una consultazione che in teoria dovrebbe coinvolgere i cittadini nel percorso che porterà alla scelta finale. Il problema è che i quesiti sono estremamente tecnici e, secondo diversi europarlamentari, non prevederebbe la domanda fondamentale, e cioè se la concessione dello status apporterà qualche beneficio all’economia comunitaria.

LE PROTESTE DEI LAVORATORI A BRUXELLES

Lo scorso febbraio, migliaia di lavoratori del comparto siderurgico avevano marciato lungo le strade di Bruxelles per opporsi al Mes – se l’Europa tentenna, Obama ha già fatto sapere che gli Stati Uniti non riconosceranno alla Cina lo status di economia di mercato – avvertendo che il rischio concreto è l’affossamento del settore dell’acciaio. La risposta della Commissione era stata prudente, anche se cercava di venire incontro alle perplessità dei lavoratori: “Non saranno tutelati dumping o sussidi”, aveva detto Elzbieta Bienkowska, commissario al mercato interno, subito seguita dalle parole di Jyrki Katainen, vicepresidente dell’organismo presieduto da Juncker: “Faremo pieno uso di tutti gli strumenti di difesa commerciale per assicurare un terreno di gioco globale equo”.

LA CONTRO-CONSULTAZIONE PUBBLICA PLURILINGUE

Tra i più attivi nel chiedere che la questione venga affrontata non solo al chiuso delle ovattate stanze di Bruxelles c’è il Movimento 5 stelle, capace nelle scorse settimane di far sedere allo stesso tavolo esponenti delle più grandi famiglie della politica europea, socialisti e popolari, nonché deputati dei Verdi. Un fronte comune per mettere in guardia circa l’apertura totale all’economia di Pechino. Organizzatore dell’evento del dibattito di gennaio al Parlamento di rue Wiertz era stato David Borrelli, che – da fondatore assieme ai colleghi francesi del gruppo S&D dell’European Parliament’s Action Group on Mes China – ieri ha presentato www.meschinawhynot.eu, una “contro consultazione pubblica” ideata “per tutti”. E’ la prima volta che accade.

POSIZIONE DELLA COMMISSIONE INCOMPRENSIBILE

“La consultazione proposta dalla Commissione è inadeguata per molteplici motivi. Due però sono più gravi degli altri”, dice a Formiche.net: “Anzitutto, le domande sono troppo tecniche e le possibili risposte sono a opzione vincolata. Ne consegue che la maggioranza dei cittadini viene esclusa o scoraggiata dal tecnicismo burocratico. Qualora volesse poi dare un suggerimento non previsto dai burocrati che hanno confezionato il questionario, non ne avrebbe la possibilità. Insomma – dice l’eurodeputato pentastellato – più che una consultazione si tratta di uno strumento di allontanamento dei cittadini, che silenzia le idee. In secondo luogo, non viene posta la domanda fondamentale: la concessione dello status di economia di mercato alla Cina è un bene per l’Unione europea? La Commissione sembra infatti dare per scontato che questo riconoscimento vada concesso, adeguandosi alle indicazioni del governo di Pechino”. La contro-consultazione ha invece “l’obiettivo di parlare con chiarezza ai cittadini e alle imprese, consentendo loro di esprimersi con libertà e avanzare proposte con altrettanta libertà. Per questo – a differenza di quella ufficiale – la nostra consultazione è formulata da subito in cinque lingue, ha domande chiare e facilmente comprensibili. Non si limita a riflettere sul piano tecnico, ma si apre anche agli aspetti sociali e all’impatto sul territorio”.

ANALISI PRELIMINARI CONTRADDITTORIE E CONFUSE

Ma qual è la posizione aggiornata della Commissione in vista della decisione che sarà adottata nei prossimi mesi? “Il Berlaymont ha sino ad ora voluto escludere da questo importante dossier il contributo delle altre istituzioni europee, quali il Parlamento e il Comitato economico e sociale”, osserva Borrelli. In secondo luogo, aggiunge, “la Commissione sembra essere completamente priva di strategia. Nulla è ancora certo, nessun strumento di gestione è stato preparato, le analisi preliminari sono contraddittorie e confuse. E tutto questo con la scadenza per il verdetto che si avvicina, visto che è fissata al prossimo 11 dicembre”.



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