Uno dei cancri più evidenti che consumano il nostro Paese e che troviamo da Trieste a Palermo è rappresentato dal sistema degli appalti e delle concessioni, linfa vitale per la corruzione. Il testo del nuovo Codice che recepisce le direttive appalti pubblici e concessioni (direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014) e ha riordinato la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e contratti di concessione, sta transitando in Parlamento. Il Consiglio dei Ministri come previsto dalla legge n.11 del 28 gennaio 2016 ha varato un testo che prevede snellimento, semplificazione e riduzione delle norme, fissa i criteri della qualità dei progetti e delle stazioni appaltanti.
Nel testo si prevede che la governance delle linee guida di carattere generale sarà di competenza dell’Anac (Autorità nazionale anti corruzione) e del Mit (Ministero delle infrastrutture e trasporti) con il coordinamento e il monitoraggio di Palazzo Ghigi. Per la prima volta vengono normati per legge in modo organico: l’istituto delle concessioni di lavori, servizi e forniture e l’istituto del “Partenariato pubblico privato” (PPP) quale forma di sinergia tra poteri pubblici e privati per il finanziamento, la realizzazione o la gestione per costruire delle infrastrutture o dei servizi pubblici, affinché l’amministrazione possa disporre di maggiori risorse e acquisire soluzioni innovative.
Vero è che nel Testo che dovrà essere varato il 18 Aprile si riducono i 660 articoli del vecchio Codice a 217 ed importante è l’eliminazione del ricorso a procedure straordinarie, con la quale si prevede il superamento della Legge Obiettivo riconducendo la pianificazione e la programmazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari allo sviluppo del Paese, agli strumenti ordinari quali il Piano generale dei trasporti e della logistica triennale e il Documento pluriennale di pianificazione (DPP), di cui al decreto legislativo n. 228 del 2011. Infatti le procedure straordinarie sono state abusate per l’assegnazione corrotte dei lavori in tanti casi di cui la cronaca nera ancora ampiamente parla evidenziando il marchio di Mafia, Ndrangheta, Camorra.
Finalmente il nuovo sistema prevede la qualità del progetto esecutivo a gara, delle stazioni appaltanti, degli operatori economici e delle gare, per le quali il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (che coniuga offerta economica e offerta tecnica), che in precedenza rappresentava solo una delle alternative a disposizione delle stazioni appaltanti, diviene il criterio di aggiudicazione preferenziale, nonché obbligatorio per i servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica e per quei servizi in cui è fondamentale l’apporto di manodopera nei settori in cui prevale l’esigenza di qualità o di tutela dei lavoratori.
Uno degli aspetti critici però è quello della programmazione e progettazione dei servizi. Si apprezza infatti l’obbligatorietà per le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di adottare il programma biennale degli acquisti di beni e servizi introdotta dall’art. 21 ma sulla progettazione dei servizi la normativa è ancora troppo lacunosa e superficiale. La relazione illustrativa non la menziona neppure e l’art. 23 la liquida con un solo comma di poche righe, senza alcuna specifica né sui contenuti minimi né sul profilo professionale dei redattori.
Anche per quanto riguarda i criteri di aggiudicazione dell’appalto, regolati dall’art 95, vi sono dei problemi perché se da una parte vi è la volontà di preferire il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo nelle aggiudicazioni, in particolare per i servizi labour intensive, ma il rischio – se non la certezza – dell’elusione della voluntas legis è altissimo.
C’è bisogno di maggiore chiarezza e coerenza nelle norme per evitare che la considerazione per la qualità dell’offerta resti solo lettera morta. Ancora: il bando di gara e degli avvisi “volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato” (art. 50) dello schema di decreto legislativo non è chiaro in ordine alla previsione delle clausole sociali e neppure la lettura della relazione illustrativa è sufficiente a sciogliere i dubbi interpretativi. Così come è evidente poi il problema della possibile arbitrarietà nella quantificazione dell’incidenza percentuale della manodopera che determina la qualificazione del servizio come ‘ad alta intensità di manodopera.