La lotta contro il terrorismo di matrice islamica, che ancora ieri ha dato prova della sua ferocia a Bruxelles, è annunciata da tutti i governi, ma non sembra ottenere risultati soddisfacenti. Naturalmente nessuno può dire come andrebbero le cose senza l’impegno profuso dai servizi di sicurezza e dalle diplomazie, e di questo bisogna tenere conto per non buttare il bambino con l’acqua sporca. Quello che però appare più probabile è che manchi una strategia efficace anche perché non si riesce a identificare la caratteristica peculiare di questo terrorismo. In Europa e in Italia si fa troppo spesso riferimento alla lotta contro il terrorismo nero e rosso che ha impegnato i governi per più di un decennio. Si tratta di un paragone inevitabile ma fuorviante.
Non c’è paragone tra l’appoggio logistico che i terroristi italiani utilizzavano allora in Spagna o in Cecoslovacchia e la possibilità che hanno i terroristi islamici di oggi di reclutamento e addestramento in paesi ormai senza controllo, dalla Siria all’Iraq alla Libia. Anche l’area di consenso di cui i terroristi attuali possono godere in Europa è assai diversa da quella dell’estremismo politico in cui si mimetizzavano i brigatisti di allora. Qui non siamo in presenza di formazioni politiche esplicite e riconoscibili, ma di comunità all’interno delle quali si realizzano corridoi utili ai terroristi senza che questo sia in correlazione con esplicite campagne propagandistiche o ideologiche. Per quanto sanguinari, i terroristi europei puntavano a esercitare un’influenza su strati sociali ampi, la logica del partito armato era comunque una logica di partito.
I terroristi islamici non cercano di ottenere consensi in Occidente, puntano soltanto a creare paura in attesa di un’azione che dovrebbe venire dall’esterno, di una espansione del cosiddetto califfato o di altre improbabili potenze islamiche. Questo significa che, oltre alla difficile azione di infiltrazione che i servizi riescono a realizzare meglio in alcuni paesi (Italia compresa) e peggio in altri, diventa essenziale tagliare i collegamenti tra i terroristi e le aree incontrollabili del Medio Oriente. Per farlo, però, è indispensabile e quasi preliminare stringere intese con gli stati dell’area, che sono tutti dominati da regimi autoritari con l’eccezione di Israele e della Tunisia, e con le potenze che hanno una presenza armata, dalla Russia alla Turchia, potenze con le quali esistono differenze di obiettivi e altre questioni aperte, dall’immigrazione di massa alla situazione ucraina. L’Europa ha ora l’esigenza di gestire questa matassa aggrovigliata e sarà costretta a farlo in modo unitario, nonostante i ritardi e le inerzie burocratiche, proprio dalle esplosioni che dilaniano il cuore dell’Europa.
(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)