Ciò che accade a Roma alla vigilia delle elezioni comunali assume i caratteri dell’inverosimile a chi come noi, vecchi DC non pentiti, ne hanno viste tante nella lunga stagione della Prima Repubblica, ma, onestamente, mai ai livelli di bassa lega cui stiamo assistendo.
Non sappiamo se il Cavaliere abbia malcelati interessi condivisi con “ il giovin signore fiorentino”. Il salto della quaglia del fedelissimo Verdini, supporter oggi indispensabile alla sopravvivenza del governo farlocco e il fascio-renzismo del berluscones d’antan di Giuliano Ferrara, non credo possano di per sé annullare l’alternatività fisiologica al renzismo, che è nel DNA della maggior parte dei nominati in parlamento e, soprattutto, della base elettorale di Forza Italia.
Restano i sussurrati scambi di favore tra interessi di casa Mediaset e quelli che, alcuni maliziosi interpreti della politica nostrana, definiscono gli aiutini che Berlusconi sta offrendo a Renzi con la scelta di alcuni deboli candidati a Sindaco nelle principali città italiane, tali da risultare dei meri sparring partners preparatori degli scontri finali tra quelli del PD e del M5S.
Triste spettacolo aggravato dalla scomparsa di ogni residua rappresentanza di ciò che resta dell’area cattolico popolare, ancora vittima della propria colpevole frantumazione e delle residue velleitarie propensioni di qualche presunto leader al ruolo di capo di stato maggiore di un esercito senza soldati.
Uno spettacolo triste, aggravato dall’illusione di alcuni interpreti che, da Marchini a Roma a Passera a Milano, tentano la pericolose avventura di corse solitarie destinate a favorire soltanto il duello finale di cui sopra.
Anche a sinistra gli episodi indecenti delle primarie romane e napoletane e il caso della candidata del M5S Bedori a Milano, rappresentano la situazione di progressivo sfaldamento degli ultimi residui di sotto rappresentanza politica e di tenuta dei partiti non partiti.
Siamo alla scomposizione progressiva e inarrestabile di quelli che per i vent’anni della seconda repubblica sono stati gli elementi costitutivi dello scontro politico: l’ex Ulivo da un lato e l’ex Casa delle Libertà.
Schemi obsoleti ormai relegati ai neuroni della memoria, mentre il trasformismo renziano dominante tutto confonde in una melassa informe nella quale nuotano i transumanti parlamentari.
Ciò che rende ancor più grave la situazione è lo scollamento sempre più forte tra un Parlamento e un governo lontani mille miglia dalla reale situazione economica, sociale e culturale di un Paese allo sbando, che non si riconosce più nelle istituzioni inespressive della sovranità popolare.
Può darsi che alle comunali possa ritornare una voglia di partecipazione democratica e popolare più forte, ma, rebus sic stantibus, si sta preparando una corsa senza ostacoli per il M5S.
Così vanno le cose oggi nel nostro Paese sul piano politico generale con le conseguenti derivate territoriali locali. Una frantumazione di candidati e di liste, nella maggior parte dei casi, senza precisi e ben individuabili riferimenti ideali e culturali, che non facilita processi di ricomposizione di aree politiche omogenee.
Il passaggio, invece, successivo alle prossime elezioni amministrative, sperando che il ministro degli interni non lo tiri troppo per le lunghe, sarà quella che per noi è la madre di tutte le battaglie: il referendum sulla riforma costituzionale e la legge elettorale.
Sarà quello, infatti, il banco di prova per una verifica definitiva tra chi si porrà a difesa della sovranità popolare e chi lavorerà, più o meno consapevolmente, per il Re di Prussia.