“Finché i leoni non cominceranno a raccontare le loro storie, i cacciatori saranno sempre gli eroi”. Da generazioni, varie etnie africane si tramandano questo proverbio, nato tra le popolazioni Ewe-Mina tra Ghana, Benin e Togo e poi diffuso con qualche variante in molte altre parti del continente. La suggestione che offre si apre a mille possibili interpretazioni, e non di rado in Africa il proverbio viene letto in relazione alla storia coloniale di molti Paesi. Se ai leoni fosse data la possibilità di raccontare la loro versione dei fatti, non solo molte storie di caccia apparirebbero sotto una luce diversa, ma si scoprirebbero i mille piccoli e grandi eventi che segnano l’esistenza di leoni e leonesse, e non solo il momento traumatico dell’incontro con il cacciatore. Il momento, cioè, in cui d’un tratto la vita del leone fa notizia.
Usciamo dalla savana e dalla metafora. Da qualche tempo il proverbio africano ha cominciato a comparire, insolitamente, sulle slide di presentazioni che si occupano di comunicazione e storytelling. La ragione è presto detta: complice la trasformazione portata dal digitale, i leoni hanno cominciato a raccontare le loro storie. Sono diventati cioè protagonisti di una disintermediazione che permette loro di parlare direttamente a una vasta audience, senza doversi affidare alla mediazione del racconto del cacciatore. Sostituite al leone una qualsiasi categoria che ha bisogno di comunicare – impresa, politica, economia – e al cacciatore i tradizionali mediatori – giornali, Tv, pubblicità – ed ecco emergere il nuovo ecosistema della comunicazione nell’era digitale. Ogni organizzazione, che sia un’azienda, una Ong o un ente pubblico, ha oggi molto più che in passato la possibilità di raccontarsi in prima persona, disintermediando la propria comunicazione e raggiungendo un pubblico le cui dimensioni possono dar vita a una crescita scalare grazie al digitale. Per farlo, tuttavia, occorre impostare strategie di comunicazione che ripensino l’organizzazione come una rete narrativa.
La narrazione aziendale diviene così uno strumento di creazione di valore reputazionale, ma anche il mezzo per la costruzione di una propria community di riferimento e per la gestione delle situazioni di crisi. Lo storytelling, parola spesso abusata, è senza dubbio uno dei metodi più interessanti per sviluppare una strategia di narrazione aziendale. A condizione però che si evitino malintesi: non si tratta semplicemente di raccontare storie, bensì di realizzare con varie modalità rappresentazioni che permettano all’azienda di creare una conversazione con i propri stakeholder.
Sei parole che iniziano con la lettera “c” possono aiutare a delimitare il nuovo percorso che la comunicazione aziendale ha l’opportunità di intraprendere sfruttando gli strumenti digitali. Due sono già state citate, comunità e conversazione. Le altre sono: contenuti, contaminazione, creatività e condivisione. Il tutto va messo in relazione tramite un approccio integrato, che permetta a comunicazione esterna e interna, brand identity, pubblicità e marketing di agire in sintonia seguendo un vero e proprio piano editoriale. E di comunicare con un linguaggio riconoscibile e coerente.
In Eni è quello che abbiamo cominciato a fare da qualche tempo, costruendo una nuova architettura di comunicazione che permetta di avere un approccio multipiattaforma. Cercando cioè di essere presenti su tutte le piattaforme, digitali e non, per portare su ciascuna i nostri contenuti nella maniera più innovativa possibile. Una content strategy che ci ha portato a lanciare, per esempio, un nuovo spazio di storytelling, Eniday, dove raccontare in italiano e in inglese grandi storie di energia, innovazione e tecnologia, dentro e fuori dal perimetro delle aree di business di Eni. Perché abbiamo le competenze e l’autorevolezza per parlare di energia a 360 gradi, forti di oltre sessant’anni di storia e di ricerche in decine di Paesi nel mondo. Lo dimostra l’esperienza del magazine Oil, un’eccellenza editoriale che si sta arricchendo di contenuti digitali sempre maggiori nella sua versione online Abo.net.
Abbiamo lanciato nuovi profili globali di Eni su Facebook e Instagram, rafforzato la nostra presenza su Twitter, rilanciato il canale YouTube e ripensato la nostra proposta su LinkedIn, un social particolarmente importante per un’azienda che continua a essere tra le più ambite per chi cerca lavoro. Stiamo preparando una nuova versione di eni.com, la nostra casa madre digitale, che avrà una serie di caratteristiche innovative mirate a raccontare la trasformazione di Eni e a ridefinire la narrativa delle nostre attività globali. Nel frattempo, abbiamo lanciato un nuovo portale per il mondo retail, enigaseluce.com, che risponderà sempre più alle esigenze della nuova conversazione che si è necessaria, attraverso la community dei clienti domestici. Parlando di comunità, stiamo scoprendo l’enorme potenziale anche comunicativo che ruota intorno a Enjoy: l’avventura di Eni nel car sharing, basata su App, smartphone e logiche social, è destinata a crescere e a raggiungere un pubblico sempre più vasto.
Abbiamo individuato nella fotografia il linguaggio espressivo che meglio ci rappresenta in questa fase della storia di Eni, lanciando una serie di iniziative tra cui spicca la partnership che ci vede protagonisti di Camera, il Centro italiano per la fotografia a Torino.
E visto che i primi stakeholder a cui deve rivolgersi la comunicazione sono le persone che lavorano con noi, da mesi all’interno di Eni è nata una conversazione tutta nostra legata al blog The energy of dialogue, sul quale l’ad Claudio Descalzi si confronta quotidianamente con la community delle 34mila persone Eni nel mondo.
Una content strategy non è però completa senza adeguati strumenti di misurazione, e per questo stiamo costruendo una struttura di analisi all’avanguardia, per avere una sempre maggiore conoscenza del pubblico con cui dialoghiamo e per calcolare il return on investment delle nostre iniziative di comunicazione. L’insieme di questo sforzo integrato di comunicazione multipiattaforma è ben riassunto dalla tag line della nuova campagna di Eni, anch’essa frutto dell’approccio storytelling: “Abbiamo l’energia per vederlo. Abbiamo l’energia per farlo”.
La materia prima cui attingere, negli anni a venire, sono le storie straordinarie legate al lavoro delle decine di migliaia di uomini e donne di Eni, impegnati dal mar di Barents al Congo, dall’offshore venezuelano all’Indonesia, a caccia di risorse nel più grande giacimento di gas scoperto nel Mediterraneo o a caccia di dati nel Green data center, il centro di elaborazione nelle pianure vicino Pavia che ospita uno dei più potenti computer al mondo. Se un leone ha storie interessanti da raccontare, figuriamoci un cane a sei zampe…
Articolo pubblicato sulla rivista Formiche