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Perché Intesa Sanpaolo passa al sistema monistico

Veneto banca, CARLO MESSINA, banca intesa

26 febbraio 2016, per la prima volta all’interno del FTSE MIB una delle più importanti Blue chips, in realtà la prima per capitalizzazione, decide di passare al sistema consiliare monistico, Intesa Sanpaolo! Da domani, probabilmente, molte altre società, se non già fatto, inizieranno a guardare con attenzione se tale modello sarà più efficiente delle note alternative, duale o tradizionale.

Un segnale comunque al mercato è stato lanciato. Il comportamento dei fondi internazionali presenti in assemblea, che rappresentavano quasi il 40% del capitale di Intesa e oltre il 63% del quorum, è stato inequivocabile: più del 98% a favore del cambio di sistema e delle nuove regole di governance adottate. Sebbene si possa affermare che per sua natura un cambiamento del genere rappresenti un miglioramento, nel caso specifico il voto favorevole sembra più connesso alla scelta di un sistema di governance efficiente volto a rafforzare la governance della prima banca italiana e, sicuramente, più vicino alle dinamiche e logiche degli investitori istituzionali internazionali.

Per raggiungere questo risultato che dà ancor più valore alla scelta del cambiamento, peraltro promossa per tanti versi anche dalla Consob, Intesa Sanpaolo non solo ha istituito una specifica Commissione di Governance che si è  avvalsa del supporto di molti professionisti del settore, tra i quali anche Sodali,  per valutare il modello della futura governance, ma ha anche ascoltato i principali stakeholder per poter decidere con piena consapevolezza, tra questi anche i propri azionisti internazionali che oggi rappresentano i 2/3 del capitale sociale.

Ma perché il passaggio al monistico è così piaciuto ai fondi internazionali? Cerchiamo di capirne le ragioni affinché questa prova di cambiamento del nostro mercato non rimanga un caso isolato ma l’avvio di un processo di miglioramento e avvicinamento del sistema Italia e dei suoi campioni verso i mercati finanziari avanzati sulla governance. Cerchiamo di farlo attraverso un’ipotetica intervista a un investitore istituzionale internazionale.

Il monistico è veramente meglio del duale? No non è meglio di per sé. Non esiste un modello migliore, esiste solo quello più appropriato rispetto alla cultura, DNA, storia, contesto e futuro della società. Nello specifico, sembrerebbe che il monistico all’italiana (quello adottato da Intesa è un modello anglosassone rivisitato) possa garantire un consiglio più efficace ed efficiente rispetto al dualistico all’italiana (anch’esso diverso dal modello usuale tedesco) o al nostro tradizionale (un sistema definito ibrido).

Perché sarebbe più efficiente? Il modello sembra permettere un più appropriato bilanciamento dei ruoli degli organi fondamentali, assemblea, consiglio, CEO. Inoltre, il nuovo paradigma che si basa su un  Comitato di controllo sulla Gestione con poteri più ampi  verso l’operato del management, un’assemblea che torna principe nella nomina del consiglio, un CEO che torna più vicino al luogo delle decisioni strategiche rendendo più efficace la dialettica all’interno del consiglio sembrerebbe assicurare un sistema più efficiente .

Quali sono i rischi del monistico? Il Presidente del Consiglio di Amministrazione dovrà essere un vero timoniere, molto esperto, capace di vedere tutte le prospettive, saper assicurare una dialettica tra le tre figure apicali del consiglio stesso: lui, il CEO e Il Presidente del Comitato per il controllo. Altri fattori critici di successo saranno l’esperienza e l’autorevolezza  del Presidente del Comitato per il Controllo sulla Gestione e dei suoi membri;  sarà determinante saper  esercitare nello stesso momento la funzione di  controllo corrente e partecipare alle  decisioni come consiglieri del consiglio. Anche qui la partita si giocherà sulle skills, ma non solo quelle professionali, anche la capacità di tenere in considerazione diverse prospettive e interessi saranno fondamentali.

Quali aspetti della governance vi hanno colpito di più? Sicuramente il livello d’indipendenza garantita nel Consiglio, 2/3 da statuto, sono un “floor” alto e certamente positivo. Questo permetterà sia un miglior bilanciamento dei poteri che una garanzia per gli azionisti di minoranza. Il ruolo del Comitato e le skills richieste per i suoi membri sono un’assicurazione che quell’organo svolga un efficiente compito di controllo. La diminuzione dei consiglieri, anche se ci aspettiamo nel futuro un’ulteriore passo in questa direzione, non potrà che favorire  un efficace dialettica all’interno dell’organo. Anche un maggior numero di consiglieri riservati alle minoranze è un chiaro passo in avanti e in linea con quanto noi investitori promuoviamo da tempo.

Quali vantaggi potrebbe portare una più ampia adozione del monistico in Italia? Sicuramente una riduzione media dei consiglieri che ancora tarda a venire. Potrebbe anche essere una forza propulsiva del processo di ringiovanimento dei consigli italiani, magari anche stimolando quel mix appropriato delle professionalità e esperienze necessarie per società che operano in un contesto finanziario oramai globale, integrato, super-connesso e iper-competitivo. Oggi, per noi investitori, la composizione del consiglio è divenuto un tema fondamentale, solo in questo modo possiamo avere fiducia che i soldi dei nostri clienti non corrano gli stessi rischi che si sono corsi negli ultimi anni.

Quindi in conclusione sia il processo che la scelta è da ritenersi positiva? Si, la banca, i consigli e il management hanno affrontato con capacità e umiltà il tema. Nelle valutazioni anche gli investitori internazionali sono stati coinvolti dimostrando una nuova e sincera attenzione al nuovo contesto dei mercati finanziari. Le attese ora sono tante e comunque crediamo che il nuovo sistema possa essere quello appropriato per il futuro di Intesa, dei suoi azionisti e di tutti gli altri stakeholder. Un ultima nota, la governance italiana è migliorata sensibilmente negli anni, lo abbiamo notato e apprezzato, speriamo che questo sia un ulteriore esempio affinché anche altre importanti società italiane mettano ancor più impegno nel migliorare sempre più la governance!



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