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Cosa unisce e cosa divide i terroristi islamisti

Domenica scorsa un’altra strage terroristica ha sconvolto il mondo: un kamikaze si è fatto esplodere nei pressi di un parco frequentato da bambini, a Lahore, in Pakistan, uccidendo più di 70 persone che festeggiavano la Pasqua. L’attacco è stato rivendicato da Jamaat-ul-Ahrar, un’organizzazione estremista, di ispirazione islamica, che vuole imporre la sharia in Pakistan. “Sono stati i nostri ad attaccare i cristiani a Lahore durante le feste di Pasqua […] È il nostro messaggio al governo. Faremo nuovi attacchi finché non si imporrà la sharia nel Paese”, ha confermato Ehsanullah Ehsan, portavoce del gruppo.

LA SHARIA COME ISPIRAZIONE

Secondo la teoria dei sei gradi di separazione – la quale prevede che un soggetto possa essere collegato a qualsiasi altro soggetto tramite una catena di relazioni che non passa per più di cinque intermediari – la strage in Pakistan sembrerebbe essere connessa anche ad Al-Qaeda, lo Stato Islamico, Al-Shabab, Boko Haram e altre organizzazioni terroristiche che, animate dalle interpretazioni più estreme –  a tratti infondate – dell’Islam, mirano a creare Stati fondati sui precetti sharaitici.

LA SEPARARAZIONE DAI TALIBAN PACHISTANI

Ma partiamo dal responsabile dell’attentato che per ultimo ha insanguinato Pakistan, il poco conosciuto – almeno fino ad ora – Jamaat-ul-Ahrar. L’organizzazione opera in maniera indipendente dal 2014 e ha sede a a Mohmand, un distretto tribale di circa 600mila abitanti che sorge nelle vicinanze di Peshawar. L’attentato di domenica è, a oggi, il più letale tra quelli compiuti dal gruppo. Nel 2015, in un messaggio video, il leader dell’organizzazione, Omar Khalid Khorasani, ha spiegato il motivo per cui il gruppo avrebbe preso le distanze dai taliban pachistani, accusati si essere diventati “indisciplinati” e “vittime di lotte interne”.

TRA INDIA E PAKISTAN

Sebbene quello compiuto domenica può essere considerato l’attentato più sanguinolento del gruppo, gli uomini di Khorasani non si sono mai fatti scrupoli nell’attaccare civili innocenti. A novembre 2014, durante la cosiddetta flag off (cerimonia della bandiera), celebrata al confine tra India e Pakistan, Jamaat-ul-Ahrar ha ucciso 60 persone. “Questo attacco è un messaggio ai due governi […] Se possiamo attaccare da questo lato, lo faremmo anche dall’altro”, ha dichiarato l’organizzazione in un video messaggio in lingua urdu, la più parlata in Pakistan.

Così, Jamaat-ul-Ahrar è divenuto ben presto un altro volto del terrore islamista che opera nei distretti tribali lungo la frontiera tra il Pakistan e l’Afghanistan. Secondo il New York Times, Khorasani è un ambizioso comandante talebano e il suo nome è uno pseudonimo che rievoca l’antico territorio di Khorasan. Il McKenzie Institute – think tank canadese che si occupa di sicurezza – sostiene che Khorasani mantenga forti legami con Al-Qaeda, fonte delle principali risorse economiche e belliche di cui dispone il gruppo.

L’ALLARGAMENTO DI AL-QAEDA

Qual è lo stato in cui oggi versa al Al-Qaeda? Rubatagli la scena dallo Stato Islamico, negli ultimi anni i vertici di Al-Qaeda hanno deciso di aprire una “succursale” in India –  Qaedat al-Jihad in the Indian Subcontinent – come annunciato, nel 2014, dal successore di Osama Bin Laden Ayman al Zawahiri.
Secondo il quotidiano The Times of India, Al Qaeda era presente da tempo lungo la frontiera pachistana, ma quella “nuova filiale di Al-Qaeda nell’Asia meridionale combatterà specificamente in India (Assam, Gujarat e Cashmere), Birmania e Bangladesh”. I principi che ispirano la lotta portata avanti dal gruppo sono sempre riconducibili a quel fine ultimo che è l’instaurazione della sharia. A cambiare è solo il territorio in cui i gruppi operano.
“Il subcontinente indiano è stato un giorno terra di musulmani – ha aggiunto Al Zawahiri fino a quando il nemico lo divise in zone [… ] Questa entità benedetta è stata fondata per unire i ‘muyahidin’ (combattenti) di tutto il mondo e distruggere le false frontiere che sono state imposte durante l’occupazione inglese per dividere i musulmani nel subcontinente indiano”.
In Asia Meridionale, invece, il capo di Al-Qaeda è Asim Umar – probabilmente un nome di battaglia – che compare anche in alcuni video di Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), organizzazione islamista che si oppone al governo di Islamabad, accusato di non rispettare la sharia. Agli inizi, Jamaat-ul-Ahrar faceva parte di Tehrik-e-Taliban Pakistan.

LO STATO ISLAMICO

L’anno scorso Al-Qaeda ha offerto la propria collaborazione allo Stato Islamico nella lotta contro le truppe occidentali a Kobane, città strategica al confine con la Turchia. Un punto in comune tra le due organizzazioni è l’utilizzo dei social network ai fini della propaganda e dell’arruolamento di nuovi combattenti. Tra i due, tuttavia, il gruppo più forte e pericoloso è quello guidato da Abu Bakr al-Baghdadi, stando a uno studio compiuto da Intel Center Database.

Nonostante abbia subito una notevole riduzione delle risorse a sua disposizione, data la caduta del prezzo del petrolio (qui l’articolo di Formiche.net sulla spending review di Isis), lo Stato Islamico continua a controllare diverse zone in Siria e Iraq. L’organizzazione conta su un vero e proprio esercito di soldati, piattaforme mediatiche e una struttura sociale che fanno da terreno fertile per la diffusione della sharia. L’Isis, al pari delle altre  organizzazioni terroristiche islamiste, da voce a un’aspra retorica contro l’Occidente, in grado di conquistare e animare foreign fighters provenienti da tutto il mondo.

GRUPPI ISLAMISTI IN AFRICA

Vicino allo Stato Islamico è Al Shabaab, gruppo terroristico somalo che figura al secondo posto nella classifica stilata da Intel Center Database. Sebbene il leader dell’organizzazione Ahmed Godane, sia stato ucciso da un attacco condotto da droni a settembre del 2015, la mancanza di una guida locale non ha scalfito l’attività dell’organizzazione. Al Shabab – letteralmente i giovani – è l’autore della strage compiuta, nell’aprile 2015, presso il campus dell’Università di Garissa, nel nord del Kenya, dove sono morti 147 studenti.

Non ci sono conferme su dove e quando l’organizzazione sia nata, ma secondo il Council on Foreign Relations di New York è stata in parte finanziata da Al-Qaeda quando questa era ancora guidata da Osama bin Laden. Come lo Stato Islamico, anche Al-Shabab vuole creare un “emirato islamico” e imporre la legge islamica in Africa. Nelle zone controllate da Al-Shabab sono vietati film e canzoni, il fumo, la rasatura della barba e le attività definite “non islamiche”. La lapidazione è la pena da scontare in caso di adulterio e presunti furti. Al pari di Isis, anche Al-Shabab ha un’importante strategia mediatica di propaganda: i video con musica rap in sottofondo, le immagini dei campi di addestramento e l’uso massiccio dei social network sono efficaci per l’arruolamento di nuovi combattenti. Secondo una ricerca della Norges miljø- og biovitenskapelige universitet, il primo foreign fighter americano lasciatosi esplodere nel 2008 era proprio un membro di Al-Shabab.

“L’OCCIDENTE È PECCATO”

Al terzo posto nella lista del terrore elaborata da Intel Center Database c’è Boko Haram. Nata nel 2003 su spinta di Mohammed Yusuf, un leader religioso che voleva instaurare uno Stato islamico in Nigeria, l’organizzazione ha come obiettivo imporre la sharia in tutto il continente africano. In hausa (lingua ciadica afro-asiatica) Boko Haram significa “l’eduzione occidentale è peccato”. Il leader attuale è Abubakar Shekau. L’organizzazione è diventata famosa al mondo per il rapimento di 270 studentesse, compiuto nel 2014, presso la scuola di Chibok in Nigeria. All’epoca, personaggi pubblici e leader politici si sono mobilitati sui social con l’hastag #BringBackOurGirls. Per aumentare la sua forza, Boko Haram ha giurato fedeltà all’Isis nel marzo 2015.

ALTRI GRUPPI

Un’altra organizzazione collegata ad Al-Qaeda, e che opera tra la Siria e il Libano, è il Fronte Al-Nusra. Nata nel 2012 durante il conflitto siriano, è stata inserita dagli Stati Uniti nella lista ufficiale di gruppi terroristici. L’organizzazione è formata da combattenti sunniti che vogliono fare cadere il governo di Bashar al-Assad e stabilire un regime islamista che preveda il rispetto della sharia.

Gli Houthis, invece, sono un movimento ribelle yemenita, conosciuto anche come Ansar Allah, i Sostenitori di Allah. Questi appartengono a una frangia dell’Islam sciita, conosciuta come zaydi, rappresentano un terzo della popolazione locale e sono stati al potere nello Yemen del Nord fino al 1962.

Si tratta, in definitiva, di organizzazioni terroristiche che con il tempo hanno intrecciato stretti legami di collaborazione reciproci e, sebbene queste si differenzino per il grado di influenza o per le ricchezze di cui dispongono, tutte lottano per controllare i territori in cui sono presenti, attraverso l’imposizione della sharia.

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