La complessità della persona umana ci sconvolge e ci sorprende. Grazie ad essa, infatti, veniamo naturalmente trascinati nell’incertezza della nostra condizione umana; l’incertezza ci appartiene e ci rende soggetti-in-ricerca, imperfetti nella tensione “a divenire”.
Può apparire stravagante parlare di persona umana nell’epoca del post-umano e del disumano, eppure è necessario. Ho l’impressione che occorra ripensare profondamente ciò che siamo, mondi di relazione, mondi nel mondo. Porre la persona umana, e ogni persona umana, al centro del dibattito pubblico significa “problematizzare” il sistema dominante nel quale siamo immersi, ritrovando un senso globale per la globalizzazione solo tecnocratica e senz’anima politica. Ciò che dovrebbe essere “servizio” alla realizzazione integrale della persona umana (le istituzioni, il mercato, le università) rischia di trasformarsi in un modello solo lineare e incapace di cogliere le infinite sfumature, informalità, transizioni della realtà; si è creato un solco di separazione tra le “élite” e i mondi-della-vita, di fatto annullando quella partecipazione alla storia che ci riguarda in quanto persone-soggetti di responsabilità.
Va da sé che, nella globalizzazione attuale, la mancanza di visioni condivise porta a una sua “non sostenibilità” sul medio-lungo termine e scatena, come vediamo, reazioni incontrollate e incontrollabili e minacce asimmetriche che riusciamo sempre meno a governare. Usiamo la parola “sviluppo” per giustificare un sistema globalizzato che, pur nelle migliori intenzioni, si sta rivelando, nei vari ambiti della convivenza umana, fragile ed “esterno” ai processi storici vitali; esistiamo (non viviamo) come prigionieri in un “eterno presente” che ci fa girare a vuoto nella paura degenerante, sempre più desiderosi di sicurezza e sempre meno attenti all’esigenza fondamentale della libertà come liberazione.
Ritrovare l’incertezza è un segno di civiltà; in essa, infatti, siamo profondamente noi, portatori del bene e del male, ciascuno evidenza storica delle infinite differenze del mosaico umano nel creato, bisognosi e capaci di “progetto umano”. La certezza della certezza, caratteristica del nostro “eterno presente”, ci lascia soli, illusoriamente auto-referenziali, precari.