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Perché la Spagna preoccupa Bruxelles. Parla la politologa Roman

Bruxelles è in fibrillazione per lo stallo politico in Spagna. L’Eurogruppo ha chiesto formalmente ai partiti iberici di affrettarsi a realizzare un governo stabile. Solo così, suggerisce l’assemblea che riunisce i ministri dell’Economia e delle Finanze dell’Eurozona, potranno essere raggiunti gli equilibri macroeconomici necessari per far rientrare il Paese nei parametri europei. L’Eurogruppo, con un comunicato citato da Abc, ha chiesto al governo spagnolo un nuovo programma che contenga riforme aggiuntive, per mantenere così l’impegno di ridurre il deficit sotto il 3% del Pil. C’è però un problema: non c’è ancora un nuovo esecutivo e quello in carica (guidato da Mariano Rajoy) non può assumere, in questa fase di transizione, la responsabilità di nuove misure. “Ricordiamo la nostra richiesta fatta a novembre alla Spagna di presentare un progetto di bilancio aggiornato il prima possibile, includendovi misure aggiuntive per permettere un miglioramento del deficit”, si legge nel documento.

LUNGA ATTESA

Per molti osservatori, però, la matassa politica spagnola è ancora molto lontana dall’essere sbrogliata. In una conversazione con Formiche.net, la politologa spagnola Paloma Román, direttrice del Dipartimento di Scienze politiche e di amministrazione dell’Università Complutense de Madrid, ha spiegato che non ci sono indizi che lascino intravedere una soluzione a breve: “Il re di Spagna Filippo VI aspetterà un altro po’ prima di convocare un nuovo turno di consultazioni, considerati i risultati negativi dopo l’esplorazione del leader del Psoe, Pedro Sánchez. La nostra Costituzione consente un periodo di due mesi, cominciato il 2 marzo, prima di una nuova investitura. Ora il panorama è molto confuso”.

NUOVE ELEZIONI?

“Il 2 maggio – aggiunge Román – il re Filippo VI nominerà un leader che abbia potenzialmente la capacità di formare una nuova maggioranza di governo. Se ciò non fosse possibile, o la persona non accetterà l’incarico, come è successo con Mariano Rajoy, o si convocheranno automaticamente nuove elezioni per il 26 giugno”. Secondo le leggi costituzionali, Pedro Sánchez potrebbe essere di nuovo nominato, non esiste nessun divieto che non gli consenta di riprovarci.

COMPITO POLITICO

Intanto le forze politiche spagnole cercano un accordo. L’ipotesi di un negoziato a quattro (Psoe, Pp, Podemos e Ciudadanos) non ha mai visto la luce, perché Pablo Iglesias, leader di Podemos, (qui il ritratto di Formiche.net) non ha accettato di sedersi allo stesso tavolo con Albert Rivera, leader di Ciudadanos (qui il ritratto di Formiche.net). “C’è chi pensa che con nuove elezioni ci saranno risultati più stabili, ma gli elettori sono stanchi di questa situazione di stallo. È un fallimento collettivo e a pagarlo saranno i politici che dal 20 dicembre non sono riusciti a fare bene il proprio lavoro di trovare un accordo e dare alla Spagna un governo”, commenta la docente e analista politica (che aveva previsto questo scenario in un’intervista con questa testata a dicembre del 2015, pochi giorni dopo il voto).

CONSEGUENZE POLITICHE ED ECONOMICHE

Secondo Román, tra le conseguenze più immediate di questa lunga attesa per la formazione di un nuovo governo c’è il malumore verso la classe dirigente da parte dei cittadini, che penalizzeranno i partiti che sono stati più rigidi nei negoziati: “A livello economico lo Stato è in totale paralisi. Se si andasse a elezioni il 26 giugno, i risultati non saranno molto diversi e si dovrà attendere settembre o ottobre, comunque dopo l’estate, per nuovi negoziati. Troppo mesi senza governo. L’Europa sta aspettando un nuovo esecutivo in Spagna che sistemi i conti e riduca il deficit. Saranno gli spagnoli a pagare un prezzo – alto – per questa situazione”.


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