La vicenda è stranota e tutti i principali quotidiani italiani se ne sono occupati: alcune sigle sindacali – Uil, Usb e Ugl – hanno firmato una lettera, inviata anche al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, contro il dirigente della Reggia di Caserta, Mauro Felicori, denunciando che “permane nella struttura fino a tarda ora” senza averlo comunicato ai dipendenti, “mettendo a rischio l’intera struttura”. Assist fenomenale al Presidente del Consiglio, che su Facebook dice che finalmente la pacchia è finita, retromarcia della UIL, che annuncia la sospensione dei suoi iscritti firmatari della nota e, dulcis in fundo, bacchettate di Susanna Camusso. A leggere uno dei tanti articoli che si occupano dei dettagli della vicenda, il neo direttore ha stabilito che i custodi non possano più girare per la Reggia in borghese, senza divisa e senza cartellino di riconoscimento, che gli addetti alla vigilanza non possano più circolare all’interno del parco con l’auto propria, ma solo con veicoli con lo stemma ufficiale, e che la struttura debba essere aperta e visitabile sette giorni su sette, abolendo il tradizionale giorno di chiusura settimanale. Decisioni di normale buon senso e difficili da contestare, visto lo stato in cui da decenni versa la Reggia, monumento di tale bellezza che George Lucas la scelse come set per il sequel di Guerre Stellari dei primi anni 2000. Provvedimenti che cercano di rimettere in carreggiata uno dei tesori Italiani che il mondo ci invidia e che insiste su un territorio di tanti, troppi problemi. Non è reperibile, al momento, il testo completo della lettera per capire i perché di questa mossa tafazzista di alcuni dipendenti della Reggia. Tuttavia, anche volendo ammettere che potessero esserci solide motivazioni di critica, legate magari alla sicurezza, la storia casertana ha un che di paradossale: gli Autori della missiva continuano pervicacemente a guardarsi l’ombelico senza rendersi contro della realtà che li circonda. Perché, ad esempio, scrivere al Ministro e non chiedere un confronto col direttore, se ci fossero state valide ragioni? Su queste pagine ho cercato di spiegare più volte come un certo pressappochismo pregiudiziale verso la macchina pubblica non aiuti le amministrazioni a lavorare in maniera più efficiente: le considerazioni che fa “Il Mattino” – Felicori “è stato nominato da poco e per giunta lavora nella pubblica amministrazione, nel senso che potrebbe scansare il lavoro eppure non lo fa” – la dicono lunga su certi ben noti retropensieri. Eppure la vicenda di Caserta è la plastica dimostrazione di come quando si tratta di amministrazione pubblica colpe e responsabilità ricadano in parte equanime anche su quei dipendenti (di ogni ordine e grado) che non vedono aldilà della loro scrivania. Il direttore resta fino a tardi? Se si trova davanti una situazione di emergenza come quella per cui da anni ci stracciamo le vesti come dargli torto? Per usare le parole di una collega che stamattina scriveva della vicenda sui social, “a questo Felicori gli direi solo grazie, dato che sta facendo un gran bene per la categoria”. E magari aiutiamolo a tornare a casa per cena.
I tafazzisti della cultura
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