Cambia la comunicazione in Vaticano, ma per il responsabile della cabina di regia monsignor Dario Edoardo Viganò si potrebbe aprire un futuro alla guida dell’Arcidiocesi di Milano. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, monsignor Viganò – al momento prefetto della Segreteria per la comunicazione, cabina di regia dei media vaticani voluta da Papa Francesco – una volta consacrato vescovo (al momento non lo è) dal Pontefice potrà aspirare alla successione ad Angelo Scola sulla cattedra di Sant’Ambrogio.
Sempre che il Papa non scelga una soluzione «in house», tra i sacerdoti e i vescovi ausiliari di Scola.
Al momento, Viganò guida la Segreteria per la Comunicazione, che nel corso del tempo dovrà assorbire una serie di organismi quali: Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali (ne era titolare l’arcivescovo Claudio Maria Celli, ora è stato soppresso); Sala Stampa della Santa Sede; Servizio Internet Vaticano; Radio Vaticana (padre Federico Lombardi ha lasciato nei giorni scorsi dopo un servizio di 26 anni, ultimo gesuita a dirigere la radio come da tradizione nata sotto Pio XI nel 1931); Centro Televisivo Vaticano (di cui Viganò è stato direttore); L’Osservatore Romano (al momento diretto da Gian Maria Vian); Tipografia Vaticana; Servizio Fotografico; Libreria Editrice Vaticana. Tutto in capo alla sua persona. E il lavoro è quasi fatto, come ha spiegato all’agenzia Zenit proprio Viganò il 22 gennaio scorso: il C9, il consiglio di nove cardinali incaricato della riforma della Curia Romana da Jorge Mario Bergoglio, ha già dato il suo placet (l’ok vaticano) alla riforma dei mezzi di comunicazione, ma al momento non può partire perché, spiega Zenit: «Non può prescindere dalle situazioni dei diversi dipendenti (la Radio Vaticana, ad esempio, ne conta oltre 300)». Nasceranno tre dipartimenti (tecnologia, orientamento teologico-pastorale che assorbe il dicastero che fu di Celli, e infine linea editoriale). Quando sarà attuata la riforma? Ancora non si sa.
Il «problema di fondo», per dirla con le parole di Viganò, si traduce anche in una perplessità sulla riforma che si traducono in questa battuta che ha salutato la sua nomina alla Segreteria il 27 giugno 2015: «Ha l’ufficio in Via della Conciliazione, a 500 metri dalla Sala Stampa e un chilometro dalla redazione dell’Osservatore romano», a sottolineare che anche le distanze Oltretevere contano.
Classe 1962, nato a Rio de Janeiro, Viganò è sacerdote dal 1987 per la diocesi di Milano. Ottimo teologo, si è occupato di cinema parrocchiali dell’arcidiocesi meneghina, arrivando alla Conferenza Episcopale Italiana nel 1998: qui dal 2004 al 2013 ha occupato la poltrona di presidente della Commissione nazionale valutazione film, la «censura» Cei sui film che vengono proiettati nelle sale parrocchiali.
La passione per il cinema l’ha portato a lavorare col governo italiano: dal 2006 al 2011 è stato membro della Sottocommissione per il Riconoscimento dell’Interesse Culturale (sezione Lungometraggio) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Generale Cinema. Erano gli anni tra governo Prodi II (2006-2008) e Berlusconi IV (2008-2011), quando ai Beni Culturali si sono avvicendati Francesco Rutelli, Elena Montecchi, Sandro Bondi e Giancarlo Galan. Viganò è stato anche presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo e direttore della Rivista del Cinematografo. Come direttore del Ctv ha rinsaldato le collaborazioni e ampliato l’attività del Centro: insomma, è uno che di comunicazione e giornalismo ne capisce così bene da aver ricevuto nel 2013 il Premio Biagio Agnes. E si occupa, in quel di Salvador de Bahia, del sostegno dei figli dei carcerati brasiliani. Distanze o meno, Viganò a Milano potrebbe fare bene, una volta lanciata la riforma mediatica papale.
Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi