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Chi gongola all’estero per il caso Giulio Regeni

Regeni

La martellante richiesta di chiarimenti e verità sul caso del ricercatore italiano, Giulio Regeni, per il quale persino Amnesty International si sta muovendo, è legittima ma deve rientrare nei confini fermi e risoluti dei rapporti tra lo Stato Italiano e quello egiziano. Le tifoserie rischiano di portarci molto fuori dal seminato e creare non poche difficoltà ai nostri rapporti con l’Egitto e alla stessa stabilità del Mediterraneo.

Come mai il cadavere martoriato di Regeni è stato ritrovato proprio nel giorno in cui iniziava il viaggio di lavoro del Ministro Guidi e di molti imprenditori italiani al seguito e le autorità e partners egiziani? Siamo sicuri che l’immagine  le poche parole di François Hollande (accompagnate da una folta delegazione di imprenditori che hanno sottoscritto copiosi contratti) durante la sua visita in Egitto, nelle scorse settimane, siano state solidali con l’Italia? Come mai il Vice Cancelliere e Ministro dell’Economia tedesco Sigmar Gabriel solo dopo la sua visita in Egitto (accompagnato da imprenditori) ha voluto chiedere lumi sulla morte di Regeni? Siamo consapevoli che il messaggio chiaro che viene trasmesso nei servizi radiotelevisivi italiani negli ultimi giorni, con tanto di sperticata tifoseria per i manifestanti anti Al-Sisi nelle strade de Il Cairo, vada nella giusta direzione di avere più giustizia e una verità sulla morte di Regeni? Da quando il valore di una notizia (il supposto arresto e l’implicazione dei servizi egiziani nel caso Regeni) è data dalle fonti anonime, una o cinque che siano?
L’Italia, proprio perché tiene molto e molti interessi condivide con l’Egitto, vuole la verità sulle indagini e chiede una sincera collaborazione ad un paese amico come quello egiziano. Nello stesso tempo, l’Italia sta nel Mediterraneo molto più della Francia e della Gran Bretagna, all’Italia si sta chiedendo di coordinare una forza di appoggio al Governo libico per combattere l’Isis, al nostro Paese non sfuggono i limiti e le violenze legate e scaturite dalle primavere arabe. Non ci sfugge che prima del Governo del Presidente Al Sisi, ci sono stati i Fratelli Musulmani con le loro violenze e discriminazioni, e se l’attuale Governo dovesse cadere, ci potranno essere solo ennesime violenze e peggiori governi nel Paese dei faraoni.
La recentissima decisione di costruire un ponte tra Arabia Saudita ed Egitto, è ben immaginabile che non faciliterà solo scambi commerciali tra i due Paesi, ma segnerà lo sviluppo, la politica e la cultura civile e sociale egiziana e del Mediterraneo dei prossimi decenni. Non ci può sfuggire infine, che proprio l’Egitto può ed è un importantissimo partner nella stabilizzazione del Mediterraneo, non solo nella normalizzazione e nella sicurezza di Israele, ma anche per la riuscita del governo e della stabilizzazione della Libia.

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