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“7 minuti” di dignità

Cosa sono 7 minuti in una giornata lavorativa? E cosa è disposta a fare una persona pur di mantenere il posto di lavoro? Sono queste le principali domande intorno a cui ruota lo spettacolo teatrale “7 minuti”, scritto da Stefano Massini, diretto abilmente da Alessandro Gassman e con l’eccellente Ottavia Piccolo come attrice protagonista. Il cast è formato da altre 10 attrici, tutte molto brave: Arianna Ancarani, Eleonora Bolla, Vittoria Corallo, Cecilia Di Giuli, Paola Di Meglio, Balkissa Maiga, Stella Piccioni, Silvia Piovan, Olga Rossi, Stefania Ugomari Di Blas.

La vicenda tratta da una storia vera accaduta nel 2012 in Francia, a Yssingeaux, in una fabbrica tessile con manodopera prevalentemente femminile, racconta una notte di dibattiti, dubbi e scontri fra le 11 rappresentanti dei lavoratori, quando la nuova proprietà dell’azienda chiede ai dipendenti di rinunciare ogni giorno a 7 minuti della propria pausa (di soli 15 minuti).

La richiesta è fatta tramite la portavoce dei rappresentanti, Bianca (Ottavia Piccolo), che fin dall’inizio, a differenza delle colleghe timorose di perdere il lavoro e quindi rasserenate da una proposta apparentemente così innocua, nutre qualche perplessità. Perché 7 minuti moltiplicati per sei giorni e poi per quattro settimane, sono quasi tre ore di lavoro e, moltiplicate per 200 dipendenti, fanno 600 ore di lavoro regalate ai dirigenti. E poi Bianca teme che, se accetteranno questa richiesta, poi ne verrà un’altra, e poi un’altra ancora, fino a che i lavoratori perderanno ogni diritto e dignità.

La discussione va avanti tutta la notte e la Piccolo, piano piano, riesce a far ragionare qualcuna delle sue colleghe fino al momento della votazione finale: 5 donne favorevoli e 5 contrarie, con l’ultima ragazza che non dichiara apertamente il suo voto, ma dice solo: “Sono pronta, ho deciso …”, facendo però capire di essere contraria al cambiamento.

Le attrici rappresentano le varie tipologie di dipendenti (le operaie e le impiegate, la milanese scaltra, la romana coatta e la bergamasca remissiva, le immigrate dell’est e quelle mussulmane) in un affresco veramente realista ed attuale.

Il tutto è reso ancora più interessante grazie alla scenografia di Gianluca Amodio, con una rete-schermo sul palcoscenico, quasi invisibile, come a voler coprire la rappresentazione e poi dei teloni calati dall’alto, in dei brevi intermezzi, dove vengono proiettate le immagini passate come in un vecchio film.

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