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Turchia, perché l’Akp di Erdogan è in subbuglio per la nuova costituzione

Per Recep Tayyip Erdoğan, i problemi continuano ad accavallarsi. Se la questione curda, le trattative con l’Europa sui migranti, la lotta senza esclusione di colpi ai giornalisti non allineati, e quella, ancor più senza quartiere, contro il presunto “Stato parallelo” capeggiato dall’imam in esilio Fethullah Gülen, gli stanno dando non pochi pensieri, ora i  grattacapi per il “Sultano” sono interni al partito che ha fondato, l’AKP, il Partito di Giustizia e Sviluppo, e riguardano la bozza di nuova Costituzione turca.

Dopo che il governo guidato dal premier e leader dell’AKP, Ahmet Davutoğlu, ha deciso – come da Costituzione vigente – di intraprendere l’iniziativa legislativa e di sottoporre alla Grande Assemblea Nazionale della Turchia una bozza di nuova legge fondamentale dello Stato, la questione si è spostata sul piano dei contenuti, investendo le figure di spicco della classe dirigente del partito, al potere in Turchia da ormai 14 anni.

In un convegno a Istanbul intitolato Nuova Turchia, Nuova Costituzione, lo speaker della Grande Assemblea, İsmail Kahraman, ha dichiarato imprudentemente di sperare che nel nuovo testo scomparirà ogni riferimento al secolarismo, in quanto “la Turchia è un Paese musulmano, e nessun Paese musulmano ha riferimenti al secolarismo in Costituzione”.

Le sue parole hanno inferto un ulteriore duro colpo al mito dell’ideologia kemalista – laica, repubblicana e nazionalista – ormai sovrastata dall’insorgere di un islamismo molto più visibile e aggressivo, che ha trovato in alcuni settori dell’AKP una delle sue roccaforti.

Ridurre, però, il partito di governo turco solo a un’accozzaglia di islamisti dediti a smembrare la Costituzione repubblicana e il mito di Atatürk sarebbe però una semplificazione fin troppo grossolana per essere presa sul serio.

Kahraman ha subito fatto marcia indietro, ritrattando sulle sue dichiarazioni, e specificando che in realtà le sue erano “dichiarazioni a titolo personale” e che, in realtà, voleva solamente auspicare che nella nuova Costituzione, il termine “secolarizzazione” fosse in modo chiaro.

La frittata però era già fatta. Alcuni manifestanti sono stati dispersi dalla polizia fuori dalla Grande Assemblea ad Ankara, in una riedizione delle proteste che ogni giorno attraversano la Turchia dalle dimostrazioni di Gezi Parkı in poi. Ma quello che più preoccupa Erdoğan è che la polemica si è spostata anche all’interno dell’AKP, con il Presidente della Commissione di riforma costituzionale, il deputato stambuliota Mustafa Şentop, che si è affrettato a ribattere che “la posizione di Kahraman non è quella del partito” e che “in Commissione non si è mai discusso sulla questione”. Anche il Vicecapogruppo dell’AKP in Parlamento, Naci Bostancı, ha precisato che “il suo partito non ha alcun problema con il secolarismo”, e che “il progetto di rimozione del principio di secolarizzazione dalla Costituzione repubblicana non è in agenda”.

L’AKP ha creato appositamente una commissione interna per scrivere la bozza di testo che poi passerà al vaglio della Commissione e della Grande Assemblea entro un paio di mesi. Questo nelle intenzioni del premier, cui non sfugge la centralità del progetto per la realizzazione del suo programma di governo. Le cose però sembrano più complicate. La Commissione di conciliazione costituzionale, composta da 12 membri rappresentativi dei 4 partiti dell’arco costituzionale turco, si è riunita per la prima volta lo scorso 3 febbraio, ma non appena la discussione si è orientata verso l’adozione di un sistema presidenzialista, i 3 deputati del maggiore partito di opposizione, il Partito Popolare Repubblicano (CHP), hanno lasciato i lavori.

In tutto questo Erdoğan non ha ancora esternato. Secondo il notista politico di Hurriyet, Yusuf Kanlı, “la nazione si polarizzerà ulteriormente tra i favorevoli e i contrari all’emendamento anti-secolarizzazione. A quel punto il Presidente entrerà in scena affermando che la secolarizzazione non si può toccare, ma tutto il resto sì. Così spianerà la strada al presidenzialismo”.

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