Skip to main content

Perché la Brexit sarebbe un autogol per la Gran Bretagna

David Cameron tiene in scacco l’Europa? Forse sì e forse il Brexit sarà stato alla fine solo un pretesto per restare nell’Unione ricevendo privilegi speciali e pochi (o nessun) vincolo. Il premier britannico ha trattato con l’Ue per negoziare un’uscita del suo Paese dall’Unione o la sua permanenza. E ha ottenuto più di quanto richiesto, per restare.
Rimossa ogni pressione affinché il Regno Unito aderisca all’Unione monetaria e bancaria, e una protezione speciale per la City da eventuali leggi europee che possano danneggiarne gli interessi. Sul fronte dell’immigrazione, il Regno Unito non può porre soglie ai flussi in arrivo ma può escludere i lavoratori stranieri da alcuni benefici riservati ai dipendenti per almeno 4 anni. Ovviamente la frangia estremista degli anti-europeisti spingerà fino alla fine perché al referendum vinca l’ipotesi secessionista. Fino al 23 giugno dunque la battaglia sarà dura. Ma qualche previsione è possibile.

I BOOKMAKER DICONO Sì ALL’UE
“Al momento – dice a Formiche.net Alessandro Picchioni, presidente e direttore investimenti di WoodPecker Capital – la distribuzione delle probabilità che si verifichi la Brexit è deducibile dalle quote degli allibratori inglesi che offrono sempre un ottimo quadro degli eventi politici internazionali. In media danno un 71% di probabilità che il Regno Unito resti nella Ue e il 29% che invece ne esca. A nostro avviso la probabilità che resti Ue è ancora più alta del 71% per due motivi principali, il primo politico ed il secondo economico”. La ragione politica è che Cameron ha giocato bene le sue carte ed ha ottenuto molto di quello che ha chiesto alla Ue come condizione di permanenza nell’Unione. “Adesso il partito conservatore – continua Picchioni – è diviso ma sarebbe un suicidio politico prendere posizioni troppo radicali sul referendum perché potrebbe dare dei vantaggi al Labour o a UKIP. In tale incertezza la posizione di Cameron, che adesso vuole capitalizzare suggerendo di votare per rimanere nell’Ue, dovrebbe infine prevalere sugli elettori conservatori che si sommeranno a quelli del partito laburista”.

LE RAGIONI ECONOMICHE
E poi c’è l’aspetto economico. “L’uscita dall’Ue – continua Picchioni – rischierebbe di essere un clamoroso autogol economico, sociale e monetario perché la storia insegna che quando delle aree economiche sono sufficientemente integrate a livello di scambio di persone, merci e capitali, ogni tentativo autarchico deve anche implicare una netta chiusura delle frontiere e di ogni tipo di scambio. Altrimenti si rischia in poco tempo di subire gli stessi effetti economici e monetari equivalenti ad una permanenza nell’unione economica magari subendo alcune pregiudiziali derivanti dalla non appartenenza”. Ne sono esempi a livello monetario la Danimarca che è rimasta fuori dall’euro ma non è davvero indipendente e risente delle politiche imposte da Draghi. “Oppure – conclude Picchioni – a livello economico si pensi alla Svizzera, una volta totalmente deregolamentata e che adesso, per mantenere l’accesso al mercato europeo della gestione dei capitali, si vede costretta ad introdurre una regolamentazione ancor più severa e restrittiva di quella europea”.

ANCHE LA BoE SI SCHIERA CONTRO L’USCITA
E non c’è solo la voce della politica e le regole dell’economie a schierarsi contro l’abbandono dell’Unione da parte del Regno Unito. “Di recente – dice Marco Piersimoni, senior portfolio manager di Pictet Asset Management – il governatore della Bank of England Mark Carney ha sottolineato i possibili danni all’economia britannica a seguito di Brexit. Oltre a questo, nonostante la scelta del sindaco di Londra Boris Johnson di schierarsi sul fronte “Leave EU”, i rischi per la City sono stati evidenziati dalle istituzioni finanziarie USA, pronte a massicci tagli del personale nel Regno Unito. Le considerazioni economiche sembrano quindi favorire lo status-quo, ma non contano solo queste. Secondo alcuni osservatori, il voto sarà molto più attento ai temi dell’immigrazione piuttosto che ai meri conti economici”.


×

Iscriviti alla newsletter