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Ecco come Bruxelles vuole cambiare la legge “salva olio”

Una legge detta “salva olio” che appena due anni fa, dopo un lungo e travagliato iter, era stata votata dall’intero Parlamento. Una legge, però, che non è mai andata giù a Bruxelles che ha deciso di impugnarla in alcuni suoi aspetti, promettendo di aprire una procedura d’infrazione all’Italia se non vengono modificate le norme sull’etichettatura e sulla scadenza dell’olio d’oliva. Modifiche che sono pronte a essere approvate dalla XIV Commissione “Politiche dell’Unione Europa” del Senato, presieduta da Vannino Chiti che ha in discussione il disegno di legge europeo 2015, che prevede, tra l’altro, la cancellazione sostanziale del termine minimo di conservazione per l’extravergine fissato dalla norma italiana a 18 mesi.

La denuncia arriva da Unaprol che riunisce oltre 200mila produttori olivicoli italiani e che aveva spinto per l’approvazione della legge, che ha per titolo “Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini”, insieme alla maggioranza delle associazioni agricole ed agroalimentari: Cno, Alleanza cooperative, Cia e Coldiretti e alla deputata Colomba Mongiello del Pd e prima firmataria della “salva olio”.

Norme che spaziano dall’introduzione in etichetta del termine minimo di conservazione a 18 mesi dalla data di imbottigliamento, al riconoscimento di nuovi parametri e metodi di controllo qualitativo che consentano di smascherare le frodi dell’extravergine, dalla fissazione di sanzioni in caso di scorretta presentazione degli oli di oliva nei pubblici esercizi, all’estensione del reato di contraffazione di indicazioni geografiche a chi fornisce, ad esempio, in etichetta informazioni non veritiere sull’origine; dall’introduzione di sanzioni aggiuntive, come l’interdizione da attività pubblicitarie per spot ingannevoli al rafforzamento dei metodi investigativi con le intercettazioni, fino al diritto di accesso ai dati sulle importazioni aziendali.

Ma Bruxelles si è messa subito di traverso e quello che in Italia è legge da oltre due anni, resta di fatto sospeso in Europa, che adesso minaccia di aprire un’infrazione al nostro paese.

“Non ci piace l’immagine di un’Europa che vuole comandare nel piatto degli italiani e che ci obbliga a nutrirci probabilmente con oli spacciati per extra vergine, aggiustati chimicamente, ma scaduti”, spiega David Granieri, presidente di Unaprol. Si tratta in particolare degli articoli 1 e 7 della legge. Il primo contrasta la scarsa leggibilità delle etichette e prevede che i caratteri delle lettere riportanti l’origine dell’olio debbano essere ben visibili rispetto al colore del fondo, anche nel caso dell’impiego di miscele di altri Paesi. Il secondo riguarda l’immissione diretta sul mercato del prodotto, che deve riportare la scadenza di 18 mesi dell’olio extra vergine di oliva dalla data di imbottigliamento. A tal proposito, aggiunge Granieri, “non si comprende perché non si possa invece prevedere in alternativa l’indicazione obbligatoria della campagna di produzione come già avviene per gli oli DOP”.

A quanto pare, denunciano da Unaprol, il provvedimento del Senato, se così approvato, arriverebbe poi blindato alla Camera che non dovrebbe, o potrebbe, più modificarlo. “Una situazione incompatibile con il buon senso perché questa decisione riaprirebbe il parco giochi della contraffazione dove a rimetterci sarebbe il consumatore finale”.

Eh già. Grazie alle legge salva olio, in base ai dati del Ministero dell’Agricoltura diffusi dal Ministro Maurizio Martina, erano aumentati in modo esponenziale i controlli sulle frodi e i prodotti taroccati, nell’ultimo anno si sono infatti registrate oltre 6 mila ispezioni sul comparto, con sequestri per 10 milioni di euro. Tutto questo per tutelare un patrimonio di 250 milioni di ulivi, 533 varietà di olive e 43 oli protetti dall’Unione Europea. Per capire di cosa si sta parlando, basta ricordare che il fatturato dell’olio d’oliva è salito al valore record di 3 miliardi di euro nel 2015, realizzati per oltre la metà grazie alle esportazioni.

Dopo la polemica sui dazi zero all’import per un biennio all’olio tunisino (vedi gli articoli di Formiche.net qui e qui) si potrebbe aprire un altro fronte di tensione che di certo non farà bene ai produttori, ma soprattutto ai consumatori che reclamo chiarezza su quello che una volta veniva chiamato, a ragione, l’oro verde.

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