Prende corpo il piano, promosso dal governo, per costituire con capitali in larga maggioranza privati, uno «scudo» capace di risolvere alla radice il problema dei crediti deteriorati delle banche italiane e in grado di intervenire anche come garante di ultima istanza (back stop facility) negli aumenti di capitale, a partire da quelli della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca.
IL VERTICE AL TESORO
In una riunione plenaria, tenutasi nel tardo pomeriggio di ieri al ministero dell’Economia, cui hanno preso parte i vertici delle principali banche, assicurazioni, enti di previdenza e fondazioni, oltre che della Cassa depositi e prestiti, è stata messa a punto la struttura operativa dello «scudo» che dovrà ora essere approvata dai consigli di amministrazione dei vari soggetti coinvolti.
I DETTAGLI DEL PIANO
Il piano preve la creazione di un fondo, chiamato Atlante, che dovrebbe avere una dotazione finanziaria di circa 5 miliardi di euro, che sarà gestito da una società di gestione del risparmio già esistente: si tratta di Questio Capital Management Sgr, presieduta dall’economista Alessandro Penati, e partecipata da Fondazione Cariplo (37,65%), Locke srl (22%), Cassa di Previdenza dei Geometri (18%), Direzione Generale Opere Don Bosco (15.60%) e Fondazione Cr Forlì (6.75%). In questo modo vengono accorciati i tempi, visto che Questio è già autorizzata dalla Banca d’Italia e potrà dunque procedere alla costituzione del fondo cui parteciperanno i principali attori del sistema finanziario italiano.
I NUMERI
Dei circa 5 miliardi che saranno raccolti, una tranche da 500 milioni dovrebbe essere sottoscritta dalle Fondazioni di origine bancaria. Secondo quanto si è appreso, le banche, con Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi Banca come capofila, ma con la partecipazione anche di altri istituti, dovrebbero sottoscrivere quote del fondo per un importo complessivo di 3 miliardi. Una tranche compresa tra 400 e 300 milioni dovrebbe essere appannaggio della Cassa depositi e prestiti, mentre la quota restante dovrebbe essere riservata alle compagnie assicurative (alla riunione di ieri erano presenti tutti i principali gruppi del settore attivi in Italia, comprese Generali, UnipolSai, Axa e Allianz, anche se non è certo se tutti alla fine saranno della partita) e agli enti previdenziali.
IL RUOLO SULLE SOFFERENZE
Oltre alla costituzione del fondo, che avrà un ruolo sia sui non performing loan (prestiti deteriorati) sia sugli aumenti di capitale, il piano promosso dal governo, ma realizzato dai privati, avrà anche un terzo pilastro e riguarda l’accorciamento dei tempi di recupero dei crediti in sofferenza. Si tratta una delle misure da tempo chiesta dalle banche al governo per cercare di risolvere il problema delle sofferenze, che ora potrebbe essere varata, sembrerbbe attraverso un decreto. Sul fronte delle sofferenze il compito del fondo Atlante sarà quello di aiutare le banche a deconsolidarle dai propri bilanci lo stock che, al netto degli accontamenti, ammonta a circa 80 milioni. «L’ammontare delle sofferenze che potranno essere deconsolidate», si legge in una nota di Quaestio Sgr, «sarà di gran lunga superiore a quelle acquistate dal Fondo, in quanto Atlante concentrerà i propri investimenti sulla tranche junior di veicoli di cartolarizzazione, potendo far leva su quelle a maggior seniority per le quali c’è un manifesto interesse da parte degli investitori».
I FINI DI ATLANTE
L’obiettivo è quello di procedere al deconsolidamento delle sofferenze, che dovrebbero essere cedute a prezzi di bilancio e dunque senza ulteriori perdite per le banche,«in tempi significativamente più brevi rispetto a quelli attualmente previsti dal mercato, contribuendo a liberare risorse per nuovi impieghi alle famiglie e alle imprese». Più in generale, a livello sistemico, l’obiettivo del fondo Atlante sarà quello di «eliminare l’elevato sconto al quale il mercato valuta le istituzioni finanziarie italiane». Uno sconto che è proprio legato allo stock di sofferenze, quadruplicato dal 2007 ad oggi a causa della severità della recessione, dai tempi lunghi di recupero dei crediti (molto al di sopra della media europea), dai massicci aumenti di capitale richiesti dalle svalutazioni dei crediti e dall’incertezza sulla capacità di alcuni istituti di completare con successo gli aumenti richiesti dall’Autorità di Vigilanza. Proprio per quest’ultima ragione, il fondo Atlante fornirà una garanzia concreta agli aumenti di capitale di Popolare di Vicenza e Veneto Banca facendosi carico dell’eventuale inoptato e dunque garantendo l’esito positivo delle operazioni in arrivo.
SINERGIA PUBBLICO-PRIVATO
Pur essendo stata promossa dal governo la soluzione messa in campo è portata avanti con capitali privati, come rivendicato con orgoglio dall’ad di Ubi, Victor Massiah, e realizzata con logiche di mercato. Il fondo Atlante, infatti, «vuole generare benefici non solo per gli investitori nel Fondo, offrendo rendimenti interessanti alla luce dell’attuale scenario dei tassi, nonché la possibilità di avvantaggiarsi del possibile incremento di valore dei titoli bancari e della ripresa in atto del mercato immobiliare».
COSA (NON) DIRA’ BRUXELLES
Visto che il fondo poggerà quasi del tutto su risorse private, la Commissione europea non richiederà un’autorizzazione preventiva ma esaminerà con attenzione i dettagli del meccanismo per vedere se vi possa essere qualche violazione della normativa sugli aiuti di Stato. Nei prossimi giorni, intanto, la documentazione ufficiale dovrebbe arrivare agli organi deliberanti dei soggetti che dovranno partecipare al fondo.
(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)