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Cosa accadrà con la depenalizzazione nel mercato del lavoro

Ceslar, Centro Studi e riforme del Dipartimento di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia approfondisce con tutto il gruppo dirigente dell’Attività ispettiva del Ministero del lavoro e politiche sociali, Inail, Inps e alcuni giuslavoristi il nuovo assetto dell’Ispettorato nazionale del lavoro il ruolo dei controlli nel mutato assetto del mercato del lavoro dopo le più recenti modifiche del jobs act, delle norme, della legge di Stabilità e della depenalizzazione.

L’analisi congiunta tra addetti ai lavori del recente dlgs 8/2016 e delle successive circolari del Ministero ci porta a discutere dei cambiamenti che attengono al mercato del lavoro di cui preoccupano non poco l’applicazione delle norme della legge in parola, che principalmente modifica le depenalizzazioni delle esternalizzazioni, la previdenza, il mercato del lavoro. Ci preme soprattutto evidenziare quanto l’intervento del Ministero della giustizia in materia di politiche del lavoro, non abbia tenuto in debito conto le difficoltà che questi provvedimenti riguarderanno le politiche del lavoro.

Il pacchetto depenalizzazioni approvato con D.Lgs. 15 gennaio 2016 n. 7 recante “Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili” e D.Lgs. 15 gennaio 2016 n. 8 recante “Disposizioni in materia di depenalizzazione”, in attuazione della legge 28 aprile 2014, n. 67, interviene in modo incisivo su un vasto panorama di fattispecie penalmente rilevanti concernenti il mondo del lavoro, producendone la degradazione da illecito penale in illecito amministrativo ed apportando importanti modifiche in ordine al regime sanzionatorio. In merito alcuni reati prevedono d’ora in poi solo la multa e l’ammenda che diventando semplici illeciti, compresa le ritenute a carico del datore di lavoro.

Ancora: particolare attenzione merita la depenalizzazione riferita al fenomeno “interpositorio” nell’impiego di manodopera e sappiamo bene che le esternalizzazioni delle attività hanno sempre trovato le proprie ragioni nella esigenza, da parte delle imprese, di gestire con maggiore flessibilità il rapporto domanda-offerta di lavoro. Niente oneri amministrativo-gestionali, assunzioni dimensionate in funzione all’andamento dell’attività, organico aziendale sotto-controllo e sottodimensionato, ecc. Il problema ovviamente è legato alle esternalizzazioni illecite e al ricorso a soggetti che forniscono la manodopera a basso costo. Vero è che l’ammenda era prevista anche prima per chi non seguisse le regole delle intermediazioni legali,ma interveniva la prescrizione per cui si impartiva l’ordine all’utilizzatore e al somministratore di interrompere la condotta illecita, pagando la sanzione e se non ottemperava interveniva il processo penale.

Ora il pericolo vero e proprio è quello che la sanzione da pagare è esigua e se il trasgressore non ottempera si agirà al massimo sul suo patrimonio. Ma comunque si passerà dall’intasamento dei tribunali penali a quelli amministrativi poiché chi può pagare continuerà a pagare la multa ma continuerà anche ad avere un comportamento illecito in quanto il ricorso al diritto penale determina la cessazione materiale della condotta illecita poiché interviene sul soggetto che la pone in essere.

In buona sostanza di significativa rilevanza, anche per i ricorrenti profili di pratica applicazione, è l’intervento sul reato di omesso versamento delle ritenute Inps previdenziali ed assistenziali, prevedendo nella sua nuova formulazione – entrata in vigore- che l’omesso versamento delle ritenute per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032.Però se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Per non farci mancare nulla poi , il legislatore distingue due regimi sanzionatori in ragione del tempus commissi delicti: quello applicabile agli illeciti commessi antecedentemente 2 all’entrata in vigore del Decreto in esame (prima del 6 febbraio 2016); quello applicabile agli illeciti commessi successivamente a tale data. Per espressa previsione del provvedimento (art. 8 del Decreto in commento) ed in ossequio al principio giuspenalistico del favor rei, in base al quale nessuno può essere assoggettato a sanzione per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce più una violazione punibile, la norma di cui si discorre troverà applicazione – con conseguente irrogazione delle sanzioni amministrative – anche alle violazioni antecedentemente commesse e, quindi, ai relativi processi in corso che alla data di sua entrata in vigore non siano ancora giunti a sentenza o definiti con decreto divenuti irrevocabili.

Dunque la gestione è molto complicata e sicuramente a seguito della novella legislativa si configurano due diverse fattispecie di illecito,una di natura penale, l’altra di carattere amministrativo. Sarà molto molto complicato poter agire sul controllo sui datori di lavoro sia sul ricorso alle intermediazioni sia sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti,nonché sui compensi dei titolari di contratti di collaborazione coordinata continuativa iscritti alla gestione separata. L’emanazione dei decreti attuativi pone comunque problemi su nuovi profili che le disposizioni di recente entrata in vigore potranno porre, a cominciare dalla valutazione del mancato rispetto del termine per la trasmissione degli atti dall’autorità giudiziaria a quella amministrativa per le condotte rientranti nel regime intertemporale, termine la cui natura ordinatoria o perentoria non è specificato, al pari delle conseguenze connesse alla sua eventuale violazione.

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