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Cosa significa per la Germania la crescita di AfD

Stabilità” è da sempre la parola d’ordine del sistema politico tedesco dominato da SPDCDU. Questo bipolarismo ne ha rappresentato il punto di equilibrio rinsaldato, nel corso della storia della Repubblica Federale, dall’emergenza dei liberali di FDP a destra e dei verdi Grünen a sinistra.

Il risultante schema quadripartito è stato già messo in crisi dalla nascita della Linke a sinistra di SPD e dal progressivo erodersi del consenso di quest’ultimo a favore dei Verdi. Da questa crisi di consenso, unita alla debolezza di FDP, nasce quella “Große Koalition” fra CDU ed SPD che ha caratterizzato due dei tre governi Merkel ed un compromesso di posizioni sociali, moderati ed europeiste che ora rischia di travolgere il sistema politico del gigante europeo. Sì perché la Germania, dopo il Super Sonntag del 13 Marzo 2016 ha un sesto nuovo partito: Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania) o AfD trionfante nelle elezioni federali in Baden-Württemberg, Rheinland-Pfalz e Sachsen-Anhalt (con un totale di 13 milioni di elettori). In questi tre Länder, il partito guidato dal 2015 da Frauke Petry ha preso, rispettivamente, il 15,1 % il 12,6% ed il 24,3 % diventando secondo partito in Baden-Württemberg e Sachsen-Anhalt e superando la SPD in entrambi i casi.

Un voto di protesta che avviene, però, con una crescita dell’affluenza al voto, attestatasi in tutti e tre i casi fra il 60% ed il 70%, e in tre posti molto differenti fra loro, come il ricco Baden-Württemberg, il socialmente stabile Rheinland-Pfalz ed la Sachsen-Anhalt, che da anni soffre della deindustrializzazione ed il forte impoverimento. Un’affermazione, è importante dirlo, che segue la svolta nazionalista e populista imposta dalla segreteria Petry e che suscita confronti, nei mezzi di stampa europei, fra AfD ed il Front National e fra la segretaria a Marine Le Pen.

L’EVOLUZIONE DI AFD

Nonostante il partito abbia anche un anima liberista, AfD è a tutti gli effetti una destra populista ed euro-scettica, tendente alla radicalizzazione e alla xenofobia. Politicamente questo mira all’uscita dall’Euro (o, in alternativa, ad un euro del nord che raggruppi i paesi virtuosi quale Belgio, Olanda, Finlandia, Austria e Germania), all’abbandono delle energie alternative ed alla revisione completa delle politiche di accoglienza della Germania e della libera circolazione Europea.

La Germania post-unificazione non è nuova a rigurgiti nazionalisti od ultra-liberali, eppure nessun partito ha mai raggiunto tali risultati alla destra della CDU, nemmeno ad Est e, tanto meno, nei benestanti Länder occidentali. Soprattutto, nessuna formazione politica aveva messo così a rischio la stabilità politica tedesca, mettendo in crisi il concetto stesso di “Große Koalition” sia a livello regionali che federale. Nuova è difatti la base elettorale del partito che risulta composta da coloro che soffrono dall’ampliamento della forbice fra ricchi e poveri, dalle riforme sociali e dalla mancanza di mobilità sociale. In particolare, AfD ha dato voce a quei molti cittadini tedeschi condannati ad infiniti Mini-Jobs, praticantati e corsi di formazione in una precariato che mal si sposa, soprattutto nei Länder orientali, con l’aumento dei profitti che le industrie e società tedesche hanno visto dal 2010 ad oggi. Si tratta di un intero sottobosco di cittadini che non trae beneficio bensì danno dal successo economico della Germania di Angela Merkel e che si sente in pericolo dall’arrivo di rifugiati ed immigrati.

Questa nuova base, già inascoltata nel 2013 quando una neonata AfD ottenne il più alto risultato di sempre per un partito esordiente, ha sposato le tesi sempre più estreme proposte da AfD ritrovandosi a braccetto con simpatizzanti di NPD, il partito neo-nazista contro cui è in atto un processi di anticostituzionalità, e di altri associazioni come, ad esempio, il movimento anti-islam PEGIDA e le sue varianti locali, di cui il partito è diventato l’ancora istituzionale.

Al di là dei temi politici, la retorica di AfD sta cambiando con richiami alla “stampa-pinocchio” e a slogan quali “noi siamo il popolo” che riecheggiano la retorica nazista e neo-nazista. Non sorprende, quindi, la mail interna scoperta dal sito investigativo Correctiv, nella quale Beatrix von Storch, segretaria del partito nel Land di Berlino, richiedeva ai vertici federali, una più dura propaganda di denuncia dell’Islam in Germania o, sempre da Correctiv, di una bozza di manifesto elettorale del partito che miri all’incarcerazione di alcolisti, tossico-dipendenti e “disturbati mentali” e a limitare le espressioni religiose ebraiche ed islamiche, come la macellazione e circoncisione.

IL RISCHIO PER CDU

Per quanto queste affermazioni siano gravi e moralmente inaccettabili nel 2016, la parte più preoccupante dell’ascesa di AfD non viene dalle proposte o dai militanti del partito, ma dalla CDU dove, dopo il Super Sonntag, voci interne al partito hanno cominciato a chiedere pubblicamente un nuovo corso nella politica della Cancelliera, meno centrista e più “attento” alle volontà dell’elettorato di destra.

In una sua intervista al mensile Cicero l’ex-governatore CDU di Rheinland-Pfalz e Turingia, Bernhard Vogel, chiede di ascoltare l’insoddisfazione degli elettori tedeschi agli esperimenti sociali e di limitare gli arrivi di rifugiati per riprendersi quel voto di protesta andato alla Petry e al suo AfD. Sempre dalle pagine di Cicero è Jürgen Rüttgers, ex-governatore del Nordrhein-Westfalen e ministro dell’educazione nell’ultimo governo Kohl, che consiglia a Merkel di rivedere quelle politiche, energetiche e sull’immigrazione, che, dice Rüttgers, incidono in maniera profonda sulla società tedesca e che non sono più tollerabili dai cittadini. La CDU, conclude l’ex-governatore, deve arginare la crescita di AfD e, quindi, affrontare quei temi di ingiustizia sociale ed economica su cui si basa il voto a destra.

Nell’ottica di mantenere un’ormai fragilissima stabilità, la CDU deve, nelle parole di alcuni suoi autorevoli membri, rincorrere il voto di protesta per arginarlo, limitarlo e re-indirizzarlo a proprio favore. Sarà quindi nelle decisioni che Merkel prenderà nell’anno e mezzo che ci separa dalla fine del suo terzo governo che si giocano i destini politici tedeschi e, in gran parte, Europei.

QUALE FUTURO PER LA GERMANIA

Cosa succederebbe alla Germania e all’Europa, se la CDU non fosse più capace di intercettare il voto andato ad AfD? Potrebbero alcuni punti anti-euro di AfD essere accolti dalle correnti più euro-scettiche interne alla CDU? In questo caso, cosa ne sarebbe del progetto politico europeo se la Germania sposasse anche un moderato euro-scetticismo? Soprattutto, che governo uscirà dalle elezioni del 2017 e potrà questo garantire un governo stabile?

Il solo fatto che porre queste domande sia legittimo, è la prova lampante della vittoria politica e sociale che AfD ha già conseguito e dell’influenza del partito nel dibattito politico tedesco, cosa mai successa prima per un partito a destra di CDU. Il rischio di un AfD al governo è molto basso, ma il partito di Frauke Petry ha già vinto e modificato completamente, almeno nel breve e medio periodo, la geografia politica della Germania.

La speranza dell’Europa è che il suo successo si fermi qui.

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