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Tutte le capriole di David Cameron su evasione ed elusione fiscale

La faccia di David Cameron mentre confessa di aver avuto delle quote nella società offshore di suo padre è quella di chi sa che ormai si ritrova seduto su una Santabarbara. Gli scricchiolii che lo infastidivano già da qualche tempo – dal referendum sulla Brexit, ai dissidi col sindaco di Londra Boris Johnson, alle dimissioni a sorpresa del ministro del Lavoro Iain Duncan Smith – in poco tempo sono diventati crepe e ora spaccature che lo potrebbero far precipitare giù dal trono. Perché Cameron il trono lo aveva conquistato poco meno di un anno fa, quando vinse con una maggioranza assoluta che garantì alla Gran Bretagna un governo monocolore.

QUANDO CAMERON CRITICAVA

L’Independent ha pubblicato tutte le frasi clou affermate dal premier Cameron nel corso dei due mandati riguardo al tema dell’evasione. Si parte nel 2012, quando il comico Jimmy Carr rifugiò i suoi soldi nell’isola britannica del Jersey pagando l’1% di tesse. E Cameron disse: “Penso sia chiaramente e moralmente sbagliato” perché “le persone lavorano duro, pagano le loro tasse, risparmiano proprio per andare ad uno degli show di Carr. Comprano il biglietto. Lui prende i soldi da quei biglietti e, per quello che posso vedere, li custodisce con un metodo veramente poco raccomandabile che evade le tasse”. In realtà già in quell’occasione Cameron era stato accusato di ipocrisia da parte dell’ex deputato Labour Lord Prescott che dichiarò: “Lord Ashcroft, ex deputato Tory durante il Cameron I, è stato seduto nella House of Lord seppure non fosse domiciliato in Gran Bretagna per motivi fiscali”. Quando, due anni prima, Cameron lo scoprì, aveva affermato: “Sono sempre stato dell’idea che la situazione fiscale delle persone sia un discorso tra loro e l’Agenzia delle Entrate”.

Il Telegraph adesso parla di “dolce rivincita” di Carr su Cameron e il cantante ieri pomeriggio ha lanciato questo tweet.

Jimmy Carr tweet

Ancora. Siamo nel gennaio del 2013 e Cameron, parlando di tasse eluse, affermo: “It’s time to wake up and smell the coffee“, come scritto sull’Independent. Nello stesso anno, durante il G8 ospitato in Gran Bratagna, il premier disse che sarebbe stata data “particolare attenzione al tema dell’evasione fiscale” perché “dopo anni di abusi, le persone stanno giustamente chiedendo che la politica faccia di più in tale ambito”, come riportava il Telegraph.  Il G8 terminò e Cameron scrisse che avrebbe fatto di tutto per combattere l’evasione attraverso lo scambio delle informazioni così che “chi avesse voluto evadere le tasse, non avrebbe avuto più un posto dove nascondersi”.

Si arriva al 2014, in aprile. Cameron voleva imporre un giro di vite ai paradisi fiscali britannici creando un registro pubblico che rivelasse i nome delle società off shore e delle persone ad esse collegate. “Chi evade sbaglia – disse Cameron in una intervista al canale ITV’s – e bisogna fare di tutto per persuadere le persone dal farlo”.

Poco meno di un anno fa, nel febbraio del 2015, a seguito di uno scandalo fiscale collegato alla banca svizzera HSBC, Cameron affermò:  “Nessun governo ha fatto così tanto quanto questo per cercare di sconfiggere l’evasione delle tasse”.

L’8 aprile 2016 la maggior parte dei giornali inglesi invocano alle dimissioni del primo ministro accusandolo di ipocrisia per aver avuto quote di una società offshore intestategli dal padre.

ANYONE ELSE?

Insieme a Cameron sono coinvolte nello scandalo altre persone a lui vicine. Oltre a suo padre Ian, morto nel 2010, e sua moglie Samantha, come si legge sull’Independent, c’è di mezzo anche quel Ashcroft di cui parlava Prescott 4 anni fa. Michael Ashcroft è uno degli uomini più ricchi del Regno Unito – è imprenditore attivo nel settore della sicurezza -, e compare nella leak list con una società registrata dallo studio Mossack Fonseca, la Belize Corporate Services. “Tutto falso”, ha risposto un suo portavoce. Poi ci sono, tra gli altri, Michael Mates, ex membro del parlamento britannico, e la baronessa Pamela Sharples. Il primo sedeva come presidente in una società per lo sviluppo immobiliare nei Caraibi, mentre Sharples, “una vita tra le fila dei conservatori al parlamento britannico” è intestataria di una società usata per investimenti alle Bahamas, la Nunswell Investements Ltd. “Nessuna rimunerazione però dalle società con sede da queste parti”, ha risposto il figlio, socio della Nunswell.

Ma la stampa, naturalmente, sta inzuppando il biscotto nel tè principalmente per il premier David Cameron. Di seguito un estratto di un pezzo del satirico Daily Mash notato da Daniele Meloni su Formiche.net: “Il fatto che suo padre eludeva le tasse, che la sua esosa educazione sia stata pagata con i soldi dell’elusione, che il suo senso di cosa è bene e cosa è male gli sia stato insegnato da un padre elusore e il suo rifiuto di ammettere il suo stesso stato di elusore, non hanno alcuna influenza sulla volontà di Cameron di aggredire l’elusione fiscale”.

CHI GLI CHIEDE LE DIMISSIONI

Dopo aver ammesso di aver posseduto migliaia di azioni con la moglie Samantha rivendute per 30.000 sterline poche settimane prima diventare primo ministro, chi è che chiede le dimissioni a Cameron? Il Daily Mirror elenca alcune personalità considerate influenti. L’ex parlamentare Tory, John Mann, afferma che “Cameron è stato tutt’altro che onesto” e quindi “le sue dimissioni dovrebbero arrivare immediatamente, come tutti si aspettano”. Tim Farron, attuale leader dei liberal democratici, accusa il premier di aver “negato per giorni che avesse offshore”, ma “alla fine è stato trascinato alla verità” e quindi ora deve dimettersi perché “i contribuenti ordinari si meritano di più che mezze verità dai loro leader”. Angus MacNeil, membro del SNP (Partito nazionale scozzese), ha paragonato, come riportato dal Telegraph, la situazione del dimissionario premier islandese a Cameron: “Probabilmente gli islandesi non hanno tollerato meno ipocrisia di quella vista dal primo ministro, che si è sempre presentato come un campione contro i paradisi fiscali off -shore. Il primo ministro – prosegue MacNeil – è in una situazione terribile che ci ha portati a toccare il fondo. Non penso che il pubblico potrà di nuovo fidarsi lui. ”

Nessuna pronuncia da parte del leader di Ukip, Nigel Farage, perché già nel 2013 aveva dichiarato – ammettendo l’errore – di aver avuto dei fondi offshore. Al tempo disse: “I miei consulenti finanziari mi consigliarono questa strategia e io la seguii. È stato un errore. Ero una persona completamente inadatta per questo genere di operazioni, ma non sto rimproverando loro, è stata colpa mia”.

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