Segnali di cedimento dalla campagna di Bernie Sanders, il senatore del Vermont che si definisce “socialista” e che è stato un rivale più tosto del previsto per Hillary Clinton: a Politico, Jeff Weaver, responsabile della campagna di Sanders, ha detto che il senatore “sosterrà il candidato democratico alla Casa Bianca, chiunque esso sia”.
La frase di Weaver assume un peso particolare e sa di rinuncia, anche perché viene pronunciata nell’imminenza del Martedì della East Coast: il 26, si vota in cinque Stati (da Nord a Sud, Connecticut, Rhode Island, Pennsylvania, Delaware, Maryland) e sono in palio 462 delegati democratici e 172 repubblicani.
Martedì, per la prima volta, Hillary Clinton ha la possibilità di raggiungere la sicurezza matematica della nomination democratica: se dovesse sommare ai suoi attuali 1.948 delegati tutto il bottino, supererebbe quota 2.383, la metà più uno dei delegati alla convention.
Ciò non avverrà, perché i delegati saranno ripartiti proporzionalmente, ma, se anche ne ottenesse solo la metà, Hillary sarebbe in vista del traguardo, che potrebbe raggiungere prima del 7 giugno, quando andrà alle urne la California con i suoi 546 delegati democratici (e 172 repubblicani).
A Politico, Weaver ha inoltre detto che Sanders “resterà nel Partito democratico, anche se dovesse perdere”. In realtà, sul sito del Congresso Sanders figura come indipendente, anzi come “il più longevo membro indipendente nella storia americana”.
Se il campo di Sanders pare apprestarsi a smobilitare, la Clinton sta invece pensando al suo vice, assicura John Podesta, capo della sua campagna. E non s’esclude un ticket tutto femminile, anche se l’opzione pare azzardata. Podesta spiega qual è la procedura: “iniziamo con un’ampia lista, poi restringiamo il campo; e sicuramente ci saranno donne prese in considerazione”. Hillary vuole, semplicemente, “la persona migliore”.
Sui media americani, circola il nome di Elizabeth Warren, senatrice del Massachusetts, “liberal”, che era attesa alle primarie l’anno scorso, ma non è mai scesa in campo e non s’è neppure schierata finora tra i due rivali democratici: un carattere forte, non proprio l’ideale per fare la “numero due”.