E’ stato pubblicato lo World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale che porta la data di aprile sotto il titolo espressivo Too Slow For Too Long (troppo lento per troppo tempo) dove si ammette che le previsioni al ribasso per tutto il mondo, per giunta accompagnate dalla possibilità di un ulteriore peggioramento, richiedono una risposta immediata dai governi.
La Relazione annuale della BCE di Draghi lo ha confermato per l’Europa ancora più indietro degli altri congiuntamente esaminati dal FMI. Quale sia questa risposta è sostanzialmente la stessa che non ha impedito all’economia mondiale di pervenire all’attuale situazione: moneta accomodante, alleggerimento fiscale, maggiori investimenti soprattutto infrastrutturali, riforme strutturali dei mercati, soprattutto di quello del lavoro. Poiché finora questa politica è stata attuata i casi sono due: o non funziona o i governi sono intervenuti in misura insufficiente.
L’interpretazione ufficiale prevalente, soprattutto in Europa, è la seconda, ma è sempre più evidente che la ragione è la prima. La formula ha qualcosa che non va come tale o perché i governi non riescono ad attuarla per una serie di vincoli sociali ed economici. Roosevelt, che ebbe il coraggio di lanciare il rivoluzionario (per l’epoca) New Deal per superare la Grande Crisi del 1929-31, disse che, quando una politica non funziona, occorre cambiarla, senza chiedersi il motivo. Il fatto che non funzioni basta, senza domandarsi il perché.
Diversità nei regimi di cambio, aggravati dall’irreversibilità di quelli intraeuropei, piena libertà di movimento dei capitali, esplosione della finanza ed eccessi di creazione monetaria a tassi nulli, libera disponibilità delle riserve ufficiali, tutte condizioni contro le quali Keynes si era scagliato con parziale successo nel corso delle trattative dell’Accordo di Bretton Woods, hanno neutralizzato l’efficacia della terapia praticata ed ora riproposta dallo World Economic Outlook.
I flussi immigratori dirompenti e l’espulsione dell’uomo dal mondo produttivo a seguito degli sviluppi della robotica, l’intronizzazione speculativa della finanza, la concentrazione del reddito e della ricchezza in poche mani, l’invasione del mercato globale da parte delle strategie geopolitiche degli Stati impediscono il successo di formule studiate per un mondo che non esiste più. Manca una risposta efficace e praticabile che intervenga sui fattori indicati e ciò può essere ottenuto solo accrescendo la cooperazione tra Stati. Tutti attorno a un tavolo per un accordo che, per modesto che possa essere il contenuto, immette nuovo ossigeno nel dibattito, diciamo pure nuove speranze nei cittadini del mondo, e invia il messaggio che qualcosa di nuovo si sta muovendo. Non si può avere un mercato globale senza una politica di pari livello. La stessa esigenza si impone per il gravissimo problema della sicurezza mondiale (terrorismo e armi nucleari).
In queste condizioni le previsioni fatte usando modelli econometrici basati sulla logica di un passato che tende a non riprodursi sono destinate all’insuccesso, causando danni non solo all’attività reale, ma soprattutto a quella finanziaria, che si alimenta in esse. Vale il suggerimento che Tim Geithner riferisce nelle sue memorie di aver dato a Mario Draghi durante la sua visita in Europa che sbloccò una politica monetaria angusta: è impossibile disporre di previsioni corrette utili per orientare le scelte; non resta perciò che scegliere quelle che hanno la minore possibilità di creare danni.
Credo però che sia il classico gatto che si morde la coda: manca la base empirica per scegliere la soluzione migliore come pure quella meno dannosa. Di fronte a questa situazione, occorre ritornare al saggio consiglio del Rapporto Radcliffe del dopoguerra, che nessuno più legge: quando fai una politica monetaria non annunciarla, lascia che il mercato la scopra. In termini più attuali, i banchieri centrali devono smetterla di rilasciare continue dichiarazioni e rendano conto dei loro comportamenti dopo averne sperimentato l’efficacia.
La Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, l’unico vero centro di coordinamento monetario globale, pubblica a scadenze ravvicinate i discorsi dei banchieri centrali del mondo. Un mare di parole di cui dovrebbero solo vergognarsi d’aver detto. Non meno della maggior parte dei governi più o meno democratici.