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Ecco il programma economico di Donald Trump

Alla vigilia del voto in Wisconsin, domani, dove i sondaggi danno le partite aperte, con Ted Cruz in testa fra i repubblicani, un’intervista di Donald Trump al Washington Post preoccupa Wall Street: il magnate dell’immobiliare agita lo spettro di una “recessione molto profonda” e parla di “tempi terribili per investire nel mercato azionario”. Ma al giornalista che s’allarma per l’impatto in Borsa delle sue parole, Trump replica che non ve ne sarà: “Conosco la gente di Wall Street molto meglio di chiunque altro”.

Nell’intervista, lo showman sintetizza il suo programma economico (e non solo): taglio delle tasse consistente fin dai primi cento giorni della sua presidenza; rinegoziato degli accordi commerciali, a partire da quelli con la Cina; revisione di tutte le intese militari, compresa la Nato, e degli impegni economici che esse comportano. Risultato, un abbattimento del debito pubblico statunitense di oltre 19mila miliardi di dollari nell’arco di otto anni – conta di stare alla casa Bianca per due mandati-. Un obiettivo che molti economisti giudicano irrealistico.

L’intervista, in sostanza, conferma la percezione già emersa da un sondaggio del Wall Street Journal fra esperti e specialisti economici e finanziari: l’80% di loro ritengono che una vittoria nelle elezioni di Trump o del candidato democratico Bernie Sanders aumenterebbe i rischi di un peggioramento della situazione, rispetto alle previsioni attuali (crescita del 2,4% nel 2017 e disoccupazione stabile intorno al 4,6%). Qualche rischio lo comporterebbe pure Ted Cruz, un Tea Party anti-tasse, mentre Hillary Clinton e John Kasich sono i due candidati che lasciano più tranquille l’economia e la finanza.

Un altro rilevamento, per conto della Cnbc, fra analisti e manager di Wall Street, indicava proprio nel governatore dell’Ohio la scelta migliore per l’economia e la finanza, nettamente davanti all’ex first lady. Dalle risposte emergeva la generica convinzione che un repubblicano sia meglio di un democratico, un sentimento di sfiducia nella politica in genere e la percezione che la campagna elettorale abbia un effetto negativo sulle prospettive economiche.

Kasich poggia anche su queste indicazioni la sua decisione di restare in corsa, pur sapendo che non può più ottenere la maggioranza dei delegati per aggiudicarsi la nomination: punta a una convention aperta, dove presentarsi come l’unificatore del partito – si svolgerà a Cleveland, nel suo Stato -: ritiene di essere l’opzione migliore contro Trump e pensa che Cruz non possa vincere sulla Costa Est, al voto il 19 aprile a New York e il 26 in diversi altri Stati.

Per il voto in Wisconsin, Kasich ha ottenuto l’appoggio di un importante giornale locale, il Milwaukee Journal Sentinel, che lo giudica “l’unico candidato assennato e con una fondamentale convinzione nei principi democratici che resta in campo repubblicano”. Il voto nel Wisconsin appare incerto in entrambi i campi e l’endorsement del quotidiano potrebbe avere un peso.

Intanto, per un contrattempo amministrativo, Sanders rischia di essere escluso dalle primarie democratiche a Washington D.C., perché il suo nome è stato registrato in ritardo. Ma l’intoppo sembra superabile (senza contare che quelle primarie, il 14 giugno, rischiano di arrivare a giochi fatti).



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