«Ho visto sul volto di Giulio tutti i mali del mondo». «L’ho riconosciuto solo dalla punta del naso». Parole terribili, dette con nobiltà, da una madre, da una rara italiana. La famiglia Regeni si attendeva dall’Egitto risposte credibili, in tempi brevi, non le ha avute. Se non arriveranno neppure dai magistrati egiziani, a Roma dal 5 aprile per incontrarsi con Pignatone, i Regeni chiederanno a Renzi una risposta forte («ma forte») verso l’Egitto. Disperati come lo possono essere solo dei genitori, si augurano di non dover arrivare a mostrare le foto del figlio violato (sommessamente, non fatelo). Ciascuno di noi sta con la famiglia Regeni, al loro posto ci comporteremmo come loro.
Ma il caso è destinato ad assumere una forte connotazione politica, ciascuno che abbia responsabilità, da quella apicale di Matteo Renzi e giù, giù a scendere fino a noi della stampa, deve operare per arrivare a una soluzione politica. L’assassinio del giovane può essere stato compiuto o da servizi deviati del governo (di «devianze» abbiamo una certa esperienza) o dagli avversari di Al Sisi per indebolirlo (una delle tante sigle criminali ispirate o all’Isis, o a Al Qaeda, o ai Fratelli Musulmani). Si lascino perdere le sceneggiate diplomatiche: rientro dell’ambasciatore, minacce di sanzioni, black list, eccetera. Abdel Fattah Al Sisi e Matteo Renzi devono incontrarsi, l’uno deve fornire tutti i dati in suo possesso, presentare le sue scuse alla famiglia Regeni e all’Italia, l’altro accettarle.
Il rapporto Italia-Egitto è uno dei più strategici per il nostro Paese, guai sbagliare una mossa. Non solo per l’attuale interscambio commerciale (5 miliardi), per i benefici dell’enorme giacimento scoperto dall’Eni (Zohr), per il recente accordo Technip Italy (raffineria Midor), per le 100 nostre imprese presenti. Chiuso il corridoio balcanico grazie all’accordo con Recep Tayyip Erdogan (un Sultano molto più losco di Al Sisi) si riapre il corridoio mediterraneo e il caso Libia. Abbiamo un disperato bisogno dell’Egitto. Lega, Sinistra, M5S, continuino pure ad attaccare Renzi con ferocia sulle riforme, in primis sugli imbarazzanti Italicum e Senatum, ma sulla politica estera si stia tutti vicino a lui. I nostri nonni la chiamavano realpolitik.
(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)