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Che cosa si dice tra cardinali e monsignori delle moschee

“Le chiese non sono moschee”, firmato cardinal Giuseppe Betori. Lo ha riaffermato l’altro giorno la Conferenza episcopale toscana-Cet, organismo che riunisce i 17 vescovi della regione, e che è appunto presieduta dall’arcivescovo fiorentino.Come ha riferito il Corriere Fiorentino, i vescovi hanno sì “ribadito e incoraggiato l’impegno delle comunità ecclesiali della regione per l’accoglienza e per una piena integrazione di chi bussa alle nostre porte” ma hanno anche sottolineato che tutto ciò “non può implicare l’esercizio di atti di culto di altre religioni in luoghi di culto cattolici: l’accoglienza si fa nel rispetto delle diverse identità, senza confusioni che offenderebbero in primo luogo le stesse persone accolte”.

È passata, cioè, la linea di monsignor Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia che, nelle scorse settimane, s’era piuttosto arrabbiato con due suoi parroci i quali avevano organizzato l’accoglienza, prevedendo anche che i profughi, di religione islamica, pregassero all’interno della parrocchia di Vicofaro e Marliana. “Che problema c’è”, aveva detto alla cronaca fiorentina di Repubblica, il parroco della prima, don Massimo Biancalani, “non avrebbe senso, se vogliamo fare vera accoglienza e integrazione, farli pregare in uno scantinato”. Tutto era pronto per stendere i tappeti, anzi i tappetini, agli ospiti musulmani: “Chi vorrà potrà pregare dentro la chiesa, dalla parte dell’ingresso a nord”, avea spiegato al giornale don Biancalani, “chi non se la sentirà potrà farlo in un altro spazio”. “Non hanno bisogno di molto”, aveva aggiunto lapalissianamente, “l’importante per loro è orientarsi verso la Mecca”.

Senonché, monsignor vescovo s’era messo di mezzo e aveva detto esattamente ciò che la Conferenza ha stabilito l’altro ieri. I parroci, dinnanzi a tanto clamore, avevano spiegato il perché si stavano muovendo nella direzione di questa accoglienza ultra-accogliente, con tanto di angolo moschea a due passi dal Santissimo: “Stiamo semplicemente seguendo l’appello di Papa Francesco”.

Quando papa Jorge Bergoglio manda in giro su YouTube il video pro-dialogo interreligioso in cui un ebreo, un musulmano e una buddista, con un prete cattolico, dicono all’unisono “credo nell’amore” nel Pistoiese si sentono giustamente leggittimati a essere conseguenti. D’altra parte, come spiegò lo stesso pontefice a Eugenio Scalfari, in un’intervista mai smentita, “Dio non è cattolico”. E figurarsi allora se per due religioni del Libro possano esserci problemi di promiscuità spirituale. La Cet, però, in un sussulto di fedeltà alla dottrina, ha detto no, per bocca del suo presidente. Un gesto un po’ a sorpresa, perché alcuni osservatori della curia fiorentina ipotizzavano che il cardinale convincesse i confratelli a transigere.

Questo folignate classe 1947, in origine ruiniano doc, in quanto fatto vescovo e segretario della Conferenza episcopale italiana-Cei, nel 2001, proprio da Camillo Ruini, quindi creato cardinale da Benedetto XVI che l’aveva chiamato anche nel Pontificio consiglio per la cultura, questo folignate – dicevamo – era dato inizialmente in difficoltà con papa Francesco. Poi, con grande caparbietà, aveva recuperato rapidamente terreno, a lunghe falcate. La piena sintonia era arrivata col convegno ecclesiale della Cei, svoltosi a novembre a Firenze.

Il cardinale aveva invitato personalmente il papa, un anno prima, e il buon esito del convegno, e la soddisfazione di Bergoglio, aveva improvvisamente fatto lievitare le sue quotazioni, tanto che più di un vaticanista, scrivendo dell’immimente addio di Angelo Bagnasco alla presidente della Cei, ha fatto il suo nome per la successione.

Chissà, però, che la presa di posizione rigorista e l’inevitabile strascico di polemiche non nuocciano al profilo neo-bergogliano del porporato. Anche perché don Biancalani è un ultra-papista.

Sulla sua pagina Facebook, complemento indispendabile per sacerdoti pastoralmente progrediti, il prete di Vicofaro ieri ha sentenziato: “La chiesa è casa di preghiera aperta a tutti!!!”, con tre esclamativi. Quarantenne, corpulento, capello lungo, tipico eloquio pistoiese, molto amato dai ragazzi delle superiori di Pistoia a cui insegna religione, e noto anche per gli sgargianti paramenti sacri con cui celebra, don Biancalani è ogni giorno bergoglianamente sul social network.

Il 3 aprile, per esempio, ha vergato, con un perentorio punto elenco, “alcune riforme urgenti della chiesa”. Ossia, “l’abolizione dell’obbligo del celibato per i preti” e anche “l’accesso al sacerdozio di uomini sposati”, quindi, “l’ordinazione delle donne”, “l’elezione locale dei vescovi”, “abolizione di Stato e banca vaticane” e “dismissione di beni mobili e immobili non direttamente impiegati nelle attività pastorali”. Reagiranno i preti pistoiesi alla disposizione dei vescovi toscani? Ne nascerà un caso? La vicenda arriverà fino a Roma? E come la prenderà papa Francesco? Sono gli interrogativi che rimbalzano in queste ore nelle stanze cardinalizie di Piazza S.Giovanni a Firenze, sede dell’arcidiocesi.

(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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