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Renzi, l’Italia e il super computer Watson

Una bella notizia fa sempre bene, soprattutto quando coinvolge la speranza di vita buona. L’area ex Expo, anziché essere adibita a “recinto” per immigrati come pareva essere dato per certo, pare ospiterà cognitive applicate all’healthcare. Peccato che lo abbiano saputo prima gli americani di noi italiani e questa news data agli studenti di Harvard durante un incontro di Matteo Renzi nella prestigiosa Università americana mortifica un po’ la sovranità (in declino) del nostro Paese.

Come è potuto accadere che un presidente del Consiglio si preoccupi più del consenso negli Usa per “impavonirsi” ulteriormente?. Solo dalle parole forti e chiare del capo della IBM Ginni Rometty – riportate sui media italiani in seconda battuta – veniamo a sapere che il colosso americano, valorizzando finalmente il genio dei nostri ricercatori in materia sanitaria, investirà 150 milioni di dollari per intraprendere un cammino di eccellenza per un polo di innovazione sanitaria, soprattutto in campo oncologico.

Ciò avverrà col supporto della tecnologia del super computer Watson, che in Europa ha già dato prova di straordinaria efficienza a Monaco di Baviera. Milano, ospitando il San Raffaele e Humanitas, si presta a questo progetto non solo europeo che, come affermano Eric Clementi di IBM Europa e Enrico Cereda di IBM Italia, aiuterà i nostri medici e giovani ricercatori soprattutto a valorizzare il nostro talentuoso gruppo di studiosi.

Non dimentichiamo poi che anche Bologna con la Fondazione Seragnoli e il Sant’Orsola con il reparto per i super trapianti Prof. Pinna (solo nelle ultime 24 ore ha salvato 8 vite umane) ha un centro di eccellenza che va valorizzato. Si deve includere, dunque, non escludere, perché sappiamo bene che in America prevale la logica del merito e non del baronato, difetto di cui purtroppo il nostro Paese in campo universitario e medico è affetto.

I grandi chirurghi hanno studiato negli States hanno avuto il coraggio di mettere la loro competenza a disposizione del nostro Paese: ma soprattutto nel campo oncologico ancora troppe poche risorse sono destinate alla ricerca e alla cura della malattia più devastante. Tutto ciò sarà un incentivo per le nostre imprese a investire in responsabilità sociale? Verrà finalmente posta in essere quella sussidiarietà tra pubblico e privato che da tanto invochiamo anche come opportunità di sviluppo e rinascita del nostra Italia?

Dipenderà anche dal coinvolgimento virtuoso dei cosiddetti corpi intermedi (associazioni, volontariato, persone dedite al bene comune), ora troppo esclusi. Serve questo per ridare fiato al senso di condivisione di un Paese che ha bisogno di forze vive e attive, per riprendere fiducia in un futuro non solo personalistico, ma con una politica del e con il popolo sovrano.

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