Nella velocità esasperata, rincorsa nell’eterno presente, stiamo portando indietro l’orologio della storia. Infatti, in molti casi, ci stiamo “giocando” – con i dadi truccati di una competizione senz’anima politica (dunque, senza visione) – le grandi conquiste che la storia ci consegna. Ci diciamo sviluppati e progrediti ma, a ben guardare, siamo immersi nel trionfo del disumano.
Libertà, giustizia, democrazia: come possiamo declinare queste parole in senso progettuale, restituendo loro dignità e sostanza ? E’ vero che è cambiato il mondo, che la velocità la fa da padrona, ma le domande fondamentali della persona umana e della convivenza rimangono le stesse, da millenni e per sempre; il fatto è che noi, in primis molti intellettuali, abbiamo smesso di farcele, rincorrendo risposte che sono solo appigli per le nostre certezze erose dalla realtà.
Va bene correre e competere ma il problema è: perché ? e: verso dove ? In realtà, e continuiamo a non accorgercene, noi stiamo correndo verso noi stessi nel senso della peggiore auto-referenzialità, sbattendo contro quelle certezze che, in un oceano di incertezza (la realtà), ci fanno danno e ci rendono “prigionieri”, facendoci credere liberi. Nelle nostre dorate “galere di non senso”, con tutta evidenza, predichiamo libertà, giustizia e democrazia ma abbiamo bisogno di sempre maggiore sicurezza.
Non sosteniamo più la nostra stessa velocità. Forse converrebbe fermarsi, ritrovando un tempo della riflessione che è Amore per la conoscenza e dentro di essa. Non sempre, infatti, chi arriva prima arriva meglio.