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Il popolo del Family Day si sta sparpagliando?

Qualcosa pare essersi irreparabilmente rotto all’interno del Comitato Difendiamo i nostri figli che ha organizzato i due Family Day di giugno 2015 e fine gennaio 2016. La spinta propulsiva della piazza (che ha portato allo stralcio della stepchild adoption dal ddl sulle unioni gay) rischia di disperdersi davanti alle divisioni in seno al gruppo promotore, con alcuni protagonisti che da settimane se le suonano di santa ragione via social, sotto gli occhi increduli di centinaia di sostenitori.

LA SCINTILLA INIZIALE: IL PARTITO DI ADINOLFI

A scatenare le polemiche poche settimane dopo il Family Day del Circo Massimo è stato l’annuncio a sorpresa di due membri di peso del Comitato come il direttore de La Croce, Mario Adinolfi, e il presidente dei Giuristi per la vita, Gianfranco Amato, di voler fondare un partito (ribattezzato Popolo della Famiglia) e presentarsi alle elezioni amministrative nei principali capoluoghi italiani. Questa operazione, ritenuta da altri esponenti del Comitato una “fuga in avanti”, non è piaciuta al portavoce, il neurochirurgo Massimo Gandolfini, e ha portato all’autosospensione dal Comitato di Adinolfi e Amato (qui la ricostruzione di Formiche.net). Di conseguenza, una volta che il gruppo si è spaccato e le iniziative promosse hanno preso una piega sempre più politica (ad autunno c’è il referendum costituzionale e Gandolfini ha dichiarato di volerla fare pagare al premier Matteo Renzi), un’altra personalità molto popolare e conosciuta come la giornalista e scrittrice Costanza Miriano ha preferito farsi da parte e dimettersi dal direttivo.

ADINOLFI VS MANIF POUR TOUS

La prima baruffa su Facebook è arrivata alcune settimane fa, quando Jacopo Coghe, presidente di La Manif Pour Tous Italia – Generazione Famiglia, ha postato sul suo profilo Facebook un selfie con Matteo Salvini spiegando di averlo scattato al termine di una riunione fatta nell’ambito dell’attività di lobbying del suo movimento in difesa della famiglia naturale. Apriti cielo. Adinolfi è intervenuto tuonando contro il collateralismo di alcuni membri del direttivo con un leader di partito come Salvini così lontano dalle posizioni della Chiesa su molti temi. Sullo sfondo ha iniziato a prendere forma la sostanziale linea di demarcazione che vede da una parte Gandolfini e i ragazzi de La Manif Pour Tous (oltre a Coghe, il portavoce Filippo Savarese e Maria Rachele Ruiu, questi ultimi due neocatecumenali come Gandolfini) che vedono nel Comitato un movimento di opinione chiamato a fare pressione sui parlamentari e attività di sensibilizzazionea, senza un impegno diretto in politica; dall’altro lato ci sono Adinolfi, Amato e Nicola Di Matteo (anche lui neocatecumenale) che hanno invece fondato il Popolo della Famiglia convinti della necessità che esista un soggetto politico ispirato all’esperienza del Family Day.

LE PAROLE DI ADINOLFI SU ARGUELLO

L’ultima polemica interna al Family Day si è scatenata attorno alla figura di Kiko Argüello, il carismatico iniziatore del Cammino Neocatecumenale. Tutto è nato da un’intervista nella quale Adinolfi ha dichiarato che “il primo Family Day di piazza San Giovanni nel giugno 2015 è stato un atto sostanzialmente voluto da Kiko Arguello del Cammino Neocatecumenale, vero artefice del successo di quell’esperienza”, aggiungendo poi che per quanto riguarda il secondo Family Day del Circo Massimo “io mi sono battuto perché fosse presente alla manifestazione anche Kiko Argüello mentre altri preferivano che non ci fosse. Dentro questa prima differenza si leggevano due diverse strategie d’azione nel seno del Comitato: una strategia era finalizzata all’obiettivo di essere incidenti sulla realtà (mettendo in campo quelli che potevano incidere di più, come Kiko Argüello), con la visione politica che io e altri abbiamo portato; l’altra strategia era quella di formare un’area di pressione culturale, una sorta di lobby”. “Massimo Gandolfini, luogotenente di Argüello in questa battaglia – ha aggiunto Adinolfi -, ha ritenuto a un certo punto che Kiko dovesse essere messo da parte. Io ho valutato questo come un errore”.

LA DURA RISPOSTA DI SAVARESE

Le parole di Adinolfi hanno acceso la miccia. Non si è fatta attendere la risposta di Savarese, portavoce de La Manif Pour Tous e molto vicino a Gandolfini e ad Argüello, che in un lungo post su Facebook intitolato “Il tragico errore di ‘usare’ Kiko” ha parlato di “veleni e cronaca passata opportunisticamente rivisitata” e ha ricostruito in maniera dettagliata l’organizzazione dei due eventi. “Non è vero – replica -, e quest’accusa francamente mi sconcerta, che Massimo Gandolfini abbia deciso nell’organizzare il Family Day del Circo Massimo di ‘far fuori’ Kiko Argüello”. Tutto il dibattito ruota attorno all’opportunità o meno di fare parlare il fondatore dei Neocatecumenali dal palco dell’evento, dopo che alla precedente manifestazione di piazza San Giovanni il suo intervento aveva suscitato polemiche in merito a un suo passaggio sulle violenze in famiglia. Savarese racconta che lo stesso Argüello “aveva detto che non avrebbe voluto esporre ulteriormente il Cammino a polemiche e strumentalizzazioni. Fu Kiko a prendere da subito le distanze dall’organizzazione della nuova manifestazione”. Nonostante questo, fa notare Savarese, non mancarono pressioni per fare parlare il leader neocatecumenale, proprio dagli esponenti del Comitato non aderenti al Cammino.
Il post di Savarese ha scatenato centinaia di reazioni, comprese quelle di Adinolfi che ha svelato anche alcuni retroscena, come la “lavata di testa” che il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, avrebbe dato a Gandolfini in occasione di un incontro a Genova per dirgli che Argüello non avrebbe dovuto parlar al Family Day. Non sono infine mancate riferimenti non proprio amichevoli sui soldi per mettere in piedi l’organizzazione. Il tutto con evidente sconcerto dei sostenitori.

QUALE FUTURO PER IL POPOLO DEL FAMILY DAY?

A questo punto la domanda sul futuro del Family Day sorge spontanea. Esiste ancora un Comitato fondatore, unito e coeso, che possa rappresentare quel popolo? Oppure, dopo la nascita del Popolo della Famiglia e le ultime roventi polemiche, si è definitivamente rotto qualcosa? E soprattutto, chi può dare voce quelle centinaia di migliaia di persone che hanno riempito piazza San Giovanni prima e il Circo Massimo poi? Gli ultimi esponenti rimasti in seno al Comitato organizzatore o il partito di Adinolfi&Amato? E perché mettere ora in piazza litigi, gelosie e rancori covati per mesi con accuse reciproche che riguardano fatti di mesi fa? Il futuro potrà fornire alcune risposte, a partire dalle performance elettorali del Popolo della Famiglia alle amministrative e dalla battaglia contro il referendum costituzionale in autunno. Ma di sicuro il gruppo del Family Day non è più quello di prima.


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