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La via della seta non ha bisogno dell’Italia

Il treno lunghissimo, partito da Pechino, entra nella stazione di Lione. Ha percorso più di dieci mila chilometri. La via della seta è un fatto. Moderno, concreto. Contemporaneo. Non è la storia che ha generato la via della seta ma è la via delle seta a fare la storia. A indicarle la direzione. Mentre la politica soprattutto quelle periferica, quella europea con tutte le pochezze dei suoi Stati nazionali, è costretta a circumnavigare le cose, a scelte di piccolo cabotaggio, il senso delle cose procede in linea retta. Con un anticipo di settimane rispetto al circumnavigare delle portacontainer via mare, l’Est si connette all’Ovest avendo la meglio sulle turbolenze balcaniche, sulle mille sfumature che compongono il caleidoscopico mondo euroasiatico e perfino sugli scartamenti ridotti di strade ferrate che non si vorrebbero nemmeno parlare.
Il treno sbuffa sotto cassa e, lentamente, si ferma. Ed è un segno questo che rimanda ad altri fatti. Al treno piombato che dalla Svizzera arrivò fino a Mosca passando per la Germania senza che nessuno si occupasse di quel passeggero che avrebbe impresso la sua impronta iconica sul 1917.

Il treno si ferma e le sue merci, che dall’Est sono giunte nell’Ovest, rimandano a quel cavo imbibito di guttaperca che srotolato lungo il fondo dell’Oceano permise di leggere il New York Times a Londra nel momento stesso in cui a New York lo si prendeva alle edicole e si iniziava a sfogliare. Ci vorrebbe uno Stefan Zweig per raccontarli questi fatti consegnandoli dall’attualità alla storia attraverso miniature asciutte, sintesi perfetta tra sostanze ed estetica. E invece tutto è immiserito dai pennivendoli che fanno dell’Italia il paese con una delle peggiori strutture d’informazione. Dove gli Editorialisti de La Stampa – per dire – sono costretti a concentrarsi sul moccolo del sistema che li tiene in vita e gli passa pane e salame. All’intitolazione dello Stadio Olimpico di Torino al “Gran Torino”. Maquillage da campagna elettorale per favorire il Sindaco uscente Piero Fassino che poi, peraltro, è juventino.

Il dramma è che la via della seta non ha bisogno dell’Italia per essere realizzata, tanto è vero che il treno giunto a Lione non l’ha attraversata. Piero Fassino si guarda bene da prendere alcuna posizione sul tema della TAV del treno ad alta velocità Torino-Lione e su quel tunnel i cui lavori continuano a non iniziare. Il tema è così polarizzante che meglio parlare del nome dello stadio. Tant’é.


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