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Landini epura Sergio (ma non è Marchionne, è Bellavita)

Di Fernando Pineda e Berardo Viola

“Pas d’ennemi à gauche”, nessun nemico a sinistra: per decenni il Pci si è attenuto a questa ferrea massima, il cui conio è da ascrivere a Stalin in persona. Il “piccolo padre” del Cremlino se ne serviva per cementare tutti i comunisti attorno alla bandiera dell’Urss; e pazienza se, come nel caso di Trotsky, si rendeva necessario far rotolare qualche testa. Il Pci ne fece largo uso per cacciare nel limbo dell’irrilevanza frazionisti, scissionisti, teste calde dell’extraparlamentarismo.

Storia vecchia, si dirà, perché rivangare? Il comunismo è rimasto sotto le macerie del Muro di Berlino, il Pci non esiste più, e perfino i suoi ultimi eredi, gli esponenti della Ditta asfaltati dal ciclone renziano, trattengono a stento il fastidio quando qualcuno prova a rievocare il passato.
Il problema è che quando un’ideologia muore bisogna fare i conti con i suoi cascami, che le sopravvivono per lungo tempo e nelle forme più varie, continuando a modellare il tratto psicologico e i tic culturali degli antichi seguaci.
Una legge ferrea, come dimostrano gli ultimi bisticci in casa Fiom. Anche il sindacato rosso ha seppellito il cadavere del marxismo – leninismo, ma non si è disfatto delle vecchie abitudini. E così Maurizio Landini, che quando appare in prime time veste i panni del campione dei “diritti” dei lavoratori, dell’eroe democratico senza macchia e senza paura, poi tra le mura del palazzo di Corso Trieste a Roma, dove la Fiom convive con gli altri sindacati metalmeccanici, mostra invece pochissima tolleranza verso il dissenso. Ultimo a farne le spese Sergio Bellavita, leader di Rete 28 aprile, l’area di minoranza un tempo capeggiata da Giorgio Cremaschi, da sempre una spina nel fianco, ovviamente sinistro, dei segretari Fiom. A Bellavita ed ai suoi compagni non è piaciuto il revirement moderato di “Maurizio”, che per apporre la sua firma sotto al contratto dei metalmeccanici, condizione pressoché obbligata ai fini della scalata alla Cgil, ha messo fiori nei suoi cannoni, tornando a Canossa da Fim e Uilm, fino ad un minuto prima accusate di ogni nefandezza causa accordi separati con Federmeccanica e, soprattutto, con Fiat.

Invece ora Landini parla il linguaggio dell’unità e nelle assemblee con i colleghi di Fim e Uilm, indette per preparare lo sciopero del 20 aprile, al posto della retorica incendiaria di un tempo sfodera un profilo compassato, da riformista verrebbe da dire, se dalle sue parti non suonasse come un insulto. Ma per l’ala sinistra della Fiom il reato più grave, al limite del sacrilegio, è senza dubbio il tentativo di ricucire con Sergio Marchionne. Reato che verrebbe perpetrato anche negli stabilimenti Fca, dove i delegati che si oppongono al nuovo corso vengono riportati sulla retta via a furia di richiami e rampogne; non mancherebbero neppure casi di espulsione. Ecco, Bellavita non è stato espulso, ma il compagno “Maurizio”, certo con il nobile intento di rieducarlo politicamente, ha provveduto a revocargli il distacco sindacale rispedendolo dritto all’azienda di provenienza. E’ probabile che Landini con Bellavita avesse già il dente avvelenato da quando questi gli aveva bocciato – con argomentazioni non peregrine, dal suo punto di vista – il contratto Ducati, che rappresenta la pupilla degli occhi della Fiom emiliana e quindi, per osmosi geopolitica, della Fiom nazionale, anche se a leggerlo è in tutto e per tutto simile a quello di Fca.

Ora su internet quelli della minoranza denunciano l’epurazione staliniana ad opera della maggioranza, mentre dalla Fiom replicano che si è trattato di un provvedimento resosi necessario a causa dell’atteggiamento “denigratorio” di Bellavita. Sia come sia, è un fatto che Landini è stato accolto a Milano, dove si tenevano gli attivi di Fiom Fim e Uilm, dai fischi dei militanti della Rete 28 aprile, subito “contenuti” dal nerboruto servizio d’ordine della Fiom. Chiedevano di parlare dal palco, ma il leader ha risposto niet. Non male per uno che ha costruito il suo personaggio mediatico denunciando per anni l’ostracismo decretato da Fiat e dai “poteri forti” in genere nei suoi confronti. Ma forse Landini si trascina ancora i postumi del recente viaggio a Cuba, una volta smaltiti i quali, siamo sicuri, tornerà il leader tollerante di sempre. Per ora si accontenta di seguire l’esempio del lider maximo. E i poveri compagni della Rete 28 aprile che fine faranno? Non andranno incontro al destino dei trozskisti, per fortuna. Ma la legge del “nessun nemico a sinistra” non prevede sconti. E poi Landini ha fatto già i suoi calcoli. Bye Bye Sergio: Bellavita, mica Marchionne.


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