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L’applicazione Crozza e gli ubiquitous media

Perfino Crozza ha capitolato. E – come digerendo un rospo – ha annunciato il rilascio dell’applicazione del Paese delle Meraviglie. Dopo aver assicurato così la sua presenza videodigitale ovunque e comunque – quasi a demonizzare l’avvenimento – ha proposto una sua lettura personale (crediamo) del fenomeno smartphone e della nuova generazione dei connessi per sempre.

Per chi, come noi, teorizza l’esistenza degli Extra Media, un atto dovuto: l’applicazione non è un gadget né ossequio alle nuove regole della digitalizzazione; l’applicazione è il passepartout per l’abbattimento delle barriere spazio temporali. Crozza, adesso, può essere visto in qualsiasi luogo del pianeta, a qualsiasi ora, da chiunque. L’unica barriera che rimane (per ora) è quella linguistica alla Crozza – Renzi che nella stessa puntata gigioneggia con Crozzafiglio – Obama (da vedere).

Dunque la libera circolazione dei video – a dispetto dei canoni – è la nuova frontiera della comunicazione, dell’informazione, della cultura.
Questione non solo meccanica, però: liberare gli ubiquitous media significa espandere il contenuto.

La circolazione – secondo una ricerca Osservatorio Social di Digilab della Sapienza – è una parola chiave delle nuove esperienze di consumo televisivo: “…da uno schermo ad un altro, da una piattaforma ad un’altra, da una pratica ad un’altra, i contenuti TV non hanno confini di spazio e di tempo. La circolazione, quindi, si affianca e in parte sostituisce il flusso televisivo nella esperienza delle audience sia in termini di moltiplicazione delle possibilità di accesso ai contenuti, sia in termini di espansione dei confini di un programma oltre i suoi titoli di coda, sia in termini di rilancio produttivo dei contenuti da parte delle audience“.

Il contenuto dunque. Chiamiamola pure televisione o smart tv. Che importa. Importa quello che ci mettiamo (mettono) dentro. Fortunatamente.

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