Come legare l’idea di uno sviluppo sostenibile a quella di una finanza responsabile? E’ stata una delle domande al centro della Conferenza “Obiettivi delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile e la Finanza Responsabile. L’insegnamento sociale della Chiesa Cattolica alla luce del Laudato Sì” che si è svolta il 15 aprile nella sede di Roma dell’Istituto Francese Centro Saint Louis, organizzata da Movimento Europeo in Italia (CIME), Centro Studi sul Federalismo (CSF) e European Partners for Environment (EPE). La tavola rotonda, che ha seguito la dichiarazione finale approvata dai promotori dell’evento sui temi della sostenibilità e che verrà inviata al premier Renzi in vista dell’assemblea Onu di New York del prossimo 21 aprile, si è aperta con l’intervento introduttivo del Cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Affiancato dai saluti del presidente del Movimento europeo – Italia Pier Virgilio Dastoli, l’incaricato d’Affari dell’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede François Xavier Tilliette e l’agente della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi De Chiara.
GLI OBIETTIVI DELLA DICHIARAZIONE E L’AGENDA ONU
La risposta alla domanda iniziale, oggetto di discussione nel corso dell’incontro, può apparire semplice, fin troppo inusuale, ma nient’affatto scontata: per investire in maniera etica bisogna avere fede. Quello che è emerso infatti è che alla luce di sfide come l’agenda stilata delle Nazioni Unite lo scorso settembre, o ancor meglio l’Enciclica Laudato Sì di Papa Bergoglio, è necessario perlomeno iniziare a darsi da fare. E come ha detto l’agente del ministero Affari Esteri Luigi De Chiara, “l’agenda, in virtù del suo carattere di universalità si impone a tutti i Paesi”, e i suoi obiettivi sono perseguibili solo come “sommatorie di politiche nazionali coerenti”: non ci si “rivolge solo ai Paesi in via di sviluppo ma a tutti”, e lo dimostra l’inserimento “nei principali programmi di lavoro di tutti gli organismi internazionali, compreso il G7 italiano del prossimo anno”.
L’INTERVENTO DEL CARDINALE TURKSON
L’intervento introduttivo di Peter Turkson, il cardinale ghanese visto dai giornali come tanto progressista quanto intransigente, e che prima dell’elezione di Francesco alla domanda postagli sull’ipotesi di un Papa nero ha risposto “Why Not?”, inizia con l’affermazione che “dobbiamo liberare il nostro stile di vita dalla schiavitù del consumismo” e “proteggere l’ambiente per le future generazioni”, che “l’agenda è importante in quanto “segno di speranza”, e che “la natura intrinseca della finanza è di utilizzare il profitto per promuovere benessere e sviluppo della persona”. Ha poi proseguito dicendo che l’obiettivo del capitalismo “non è di fare più denaro ma di farne un buon uso”, e che la finanza “ha fallito nel perseguire il suo obiettivo di collegare il presente al futuro”. Dopo aver citato i passaggi sulla finanza della Caritas in Veritate di Benedetto XVI, il cardinale ha ricordato che la fratellanza è “un attributo fondamentale della famiglia umana, perché siamo esseri relazionali”, e senza la quale “è impossibile crescere in pace”. Perciò “è necessario connettere tutti gli attori in tutti i livelli: istituzioni, governi, autorità della società civile, famiglie, privati, singoli”. C’è poi “una nuova generazione di value-based investors che crescono in ogni parte del mondo”, cosciente “dell’intima correlazione tra modelli etici di business e creazione della pace”.
L’ECUMENISMO ROSSO DEL SANGUE E VERDE DELL’ECOLOGISMO
Colpisce il carattere della “dimensione ecumenica della Laudato sì” che si esprime “anche nell’impegno ecologico”, oltre che nelle “persecuzioni dei cristiani che chiedono a tutte le confessioni di essere uniti di fronte al sangue versato”. Concetto ribadito dall’archimandrita della Chiesa greco-ortodossa Simeone Catsinas, quando ha affermato che “il libro del Creato è indivisibile: include natura, vita, amore, famiglia, e bisogna passare dal concetto dell’uomo e della donna che amministrano il creato a un altro in cui si ha cura del creato”, e in dal Reverendo della Chiesa Luterana di Svezia Henrik Grape, che ha detto: “Siamo in una sorta di flusso ecumenico. Abbiamo un solo pianeta ma noi ricchi ci comportiamo come se ne avessimo di più”
L’INVESTIMENTO ETICO E LA MOTIVAZIONE DELLA FEDE
Ne sia lodato allora l’anello di congiunzione, vale a dire la fede, che permette di “orientare” gli investitori nella direzioni di investire anche in settori dai tassi di redditività non troppo elevati, perché come è stato detto durante la tavola rotonda di per sé “la finanza è miope” e “c’è uno scollegamento con gli obiettivi di lungo periodo”: “gli investitori sono un po’ pecoroni, vogliono avere un rapporto libero, e buona parte fa copia e incolla”. Viene quindi riconosciuto “l’impegno di fede”, e come ha affermato il presidente EPE Robin Edme “non si tratta solo di approcci tecnici ma molto di più, per questo sono le nostre fedi religiose a spiegarci la prospettiva. Quale società vogliamo costruire? Al lungo termine dobbiamo essere all’altezza di impegni e promesse”. Si è infine parlato di faith-based investors, e il segretario Generale FEBAF Paolo Garonna ha ricordato che “l’investimento etico costa: si investe in denaro, formazione, campagne informative” ma “dobbiamo valutare come poi l’etica rende. La gente dice che nell’ambito della solidarietà stiamo vivendo un big-bang: nuovi strumenti, prestiti, mutui, cartolarizzazioni. Bisogna muovere l’imprenditorialità per aiutare i più poveri a essere più imprenditoriali, anche se nei paesi sottosviluppati solo un’azione di sussidi può essere solida. Però i governi devono rivedere la loro capacità di azione”