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L’euro low cost fa aumentare il credito. In Svezia

Per quelli che giudicano inutile, se non addirittura dannosa, la politica monetaria vale la pena riportare un interessante speech pubblicato dalla Bis dove viene fuori un’altra evidenza circa gli esiti delle decisioni delle banche centrali: la loro costante eterogenesi dei fini. Come altro considerare l’evidenza che le scelte della Bce finiscono finalmente con l’aumentare il credito, ma non nell’eurozona bensì in Svezia?

Ancora più interessante notare, osservando il grafico, è che nei paesi dove le policy delle banche centrali hanno condotto i tassi in territorio negativo, l’andamento del credito è stato assai differente, mostrando ciò un’altra evidenza che la modellistica che alimenta le decisioni delle banche centrali tende a ignorare: i sistemi bancari non sono tutti uguali. E banche diverse fanno cose diverse. Le caratteristiche di un sistema bancario provocano che la risposta alla politica monetaria sia molto differente a seconda del luogo dove si origina.

Se non fosse così non si spiegherebbe come sia possibile che in Svizzera e in Svezia, nello stesso trimestre considerato si avessero, nell’una una crescita negativa del credito del 2% e nell’altro una crescita positiva dell’8%.

Quest’ultima impennata del credito svedese merita un approfondimento, ma prima giova sottolineare che nel frattempo la crescita del credito nell’eurozona è stata praticamente piatta. Sopra lo zero, o poco più. Altrettanto interessante osservare il dato del Giappone, impegnato in un’azione di stimolo monetario imponente ormai da diversi anni. Bene: dal primo quarto 2014, quando il tasso di crescita del credito era al 4%, si è arrivati alla fine del 2015 con un tasso dimezzato. Da questo punto di vista si puà dire che l’azione della Bce abbia funzionato, visto che la crescita era negativa nel 2014 e adesso è poco sopra lo zero.

Ma certo, l’eurozona non ha fatto faville. Vedremo nei prossimi mesi. Ma chi si aspetta che basti abbassare i tassi per stimolare il credito dovrebbe iniziare a nutrire qualche dubbio. Per dirlo con parole di Hyun Song Shin, autore della presentazione (Bank capital and monetary policy transmission), “in tempi normali il modello classico è un’accettabile astrazione di cosa accada al prestare. Il problema sorge quando si spinge il modello al di là del punto di rottura e l’astrazione non è più accettabile”. E poiché non viviamo tempi normali – il punto di rottura sono i tassi nominali azzerati o negativi che il modello non contempla – ecco che l’automobile del credito, per usare la stessa metafora scelta dal nostro economista, rischia di trovarsi il freno dove prima c’era l’acceleratore. Il che può essere molto pericoloso, quando si guida.

Le ragioni per queste divergenze fra andamenti del credito nei vari Paesi a tassi negativi possono essere molteplici. Dipende ad esempio, da quanto pesino i depositi sui prestiti, o da quanto pesino sugli asset. Dipende dal modello di business. Dipende anche dal costo di finanziamento che le banche devono affrontare. E qui è interessante osservare quale possa essere stata la spiegazione di ciò che è accaduto in Svezia.

Secondo il nostro economista la spiegazione è semplice: “Le banche svedesi sono sensibili agli sviluppi nell’area euro e specialmente all’inclinazione della curva dello yield”. Per dirla semplicemente le banche svedesi hanno trovato conveniente indebitarsi in euro e prestare a lungo termine in corone. Sicché hanno emesso bond a lungo termine denominati in euro e poi li hanno usati come collaterale nel mercato monetario per prendere a prestito corone che hanno dato a loro volta a prestito al mercato domestico. In sostanza hanno sfruttato l’andamento dell’euro per avere finanziamenti a costo più contenuto. Il risultato è stata “un’abbondanza di euro in Svezia da parte di venditori (le banche, ndr) che vogliono prendere a prestito corone con euro come collaterale”. L’analisi mostra inoltre che “le banche in Svezia tendono ad attingere più fondi all’estero quando l’euro è debole” e questa è una evoluzione alquanto recente, nota ancora. “In questo senso la notevole crescita del credito in Svezia può essere collegata sia agli sviluppi monetari dell’euro zona che a circostanze domestiche”.

Nel dubbio, non ditelo a Draghi.

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