E’ la vigilia del primo round di queste primarie in cui, a cento giorni dal loro inizio, uno degli aspiranti alla nomination può assestare il colpo del ko: Hillary Clinton, se facesse suo domani, martedì 26 aprile, tutto il bottino dei delegati dei cinque Stato della Costa Est dove si vota, da Nord a Sud Connecticut, Rhode Island, Pennsylvania, Delaware, Maryland, supererebbe la soglia della maggioranza dei delegati necessaria – 2382 – per avere la garanzia della nomination democratica.
Nella giornata di domani, infatti, sono in palio 462 delegati democratici e 172 repubblicani –: Hillary parte da 1.948 e potrebbe superare i 2.400; mentre, fra i repubblicani, Donald Trump, che è a 845, se anche se li aggiudicasse tutti, non raggiungerebbe la soglia, che nel suo caso è 1.237.
Comunque, l’ipotesi che la Clinton raggiunga il traguardo domani sera è estremamente remota, essendo i candidati ripartiti proporzionalmente. Meno remota è invece la possibilità che il suo rivale Bernie Sanders consideri la corsa finita, non avendo più chances, proprio per via del proporzionale, di raggiungere e scavalcare Hillary.
L’ultimo Super-Martedì di queste primarie sarà il 7 giugno, quando si voterà in California, lo Stato più popoloso dell’Unione, che ha un “tesoretto” di 564 delegati democratici e 172 repubblicani. A quel punto, i giochi per le convention saranno fatti: quella repubblicana a Cleveland, nell’Ohio, dal 18 al 21 luglio, e quella democratica a Filadelfia, in Pennsylvania, dal 25 al 28 luglio.
Se la corsa democratica è decisamente meno vivace che a New York, anche se Sanders ha chances di successo, ad esempio nel Connecticut e nel Rhode Island, quella repubblicana conosce un calo d’interesse perché il senatore del Texas Ted Cruz fatica a riprendersi dalla batosta newyorchese e non ha certo nel New England e sulla Costa Est le sue roccaforti.
Trump, comunque, gli sta addosso. I due riescono pure a litigare sui bagni per i transgender: Cruz critica Trump perché si oppone a una legge della North Carolina che impone ai transessuali di usare le toilettes corrispondenti al sesso indicato nel loro atto di nascita. Per il senatore, “Uomini adulti, e sconosciuti, non dovrebbero stare soli in una toilette con le ragazzine […] E’ senso comune elementare”.
Per Trump, invece, tutti devono essere liberi di usare il bagno che vogliono, come accade nella sua Trump Tower a New York. Trump, che si esprimeva sulla Nbc, s’è anche detto contrario a creare toilettes “non gendered”, perché ciò sarebbe “in qualche modo discriminatorio” e, per di più, “incredibilmente costoso per le imprese e per il Paese”.
Al magnate dell’immobiliare, infine, non piace che l’effigie del presidente Andrew Jackson scompaia dalle banconote da 20 dollari, sostituita da quella di un’eroina della lotta contro la schiavitù Harriet Tubman: “La Tubman è fantastica, ma io vorrei che rimanesse l’effigie di Jackson, che ha una grande storia”.