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New York, l’aria di casa galvanizza Hillary e Donald

Le primarie nello Stato di New York, fra una settimana, martedì 19 aprile, si annunciano sempre più nel segno dei newyorchesi Donald Trump e Hillary Clinton: già avanti in tutti i sondaggi, i due attuali battistrada nelle corse alla nomination sono ora dati ampiamente favoriti da un rilevamento WSJ/Nbc/Marist. Salvo, naturalmente, gaffes o incidenti di percorso: un esempio, i figli di Trump, forse distratti, non potranno partecipare alla consultazione perché hanno dimenticato di registrarsi nelle liste elettorali e i termini sono ormai scaduti.

Due suffragi perduti per il magnate dell’immobiliare che ha il 54% delle preferenze repubblicane, contro il 21% del governatore dell’Ohio John Kasich e il 18% del senatore del Texas Ted Cruz – New York è un suo tallone d’Achille -. L’ex first lady ha il 55% delle intenzioni di voto democratiche, contro il 41% del senatore del Vermont Bernie Sanders.

Lo showman repubblicano, che nei sondaggi nazionali viene avvicinato, o addirittura sopravanzato, da Cruz, con margini al momento inferiori a quelli d’errore dei rilevamenti, entrambi sempre sopra il 35 e sempre sotto il 40%, ha ritoccato e rinforzato la scorsa settimana il proprio staff, in funzione sia delle primarie di New York sia della prospettiva ormai concreta d’una ‘convention aperta’. Così, Paul Manafort, un veterano del suo team, ha acquisito maggior ruolo, mentre Corey Lewandowski, in difficoltà per un procedimento per violenze intentatogli dopo i maltrattamenti a una giornalista, resta un po’ defilato.

Nella campagna per New York, la Clinton, che ha dalla sua il sindaco Bill de Blasio, punta forte sulla diversità, che è una nota dominante della sua candidatura, non in funzione anti-Sanders, ma piuttosto in funzione anti-Trump – lo showman continua a insistere sui muri anti-immigrazione –. L’ex first lady ha lanciato un suo video in tal senso il mese scorso, mentre il senatore del Vermont ha appena presentato il suo spot ‘Bolder’, osare, dove esalta le sue radici newyorchesi – è nato a Brooklyn – e alcuni temi del suo programma, salario minimo a 15 dollari, università pubblica gratuita, riforma della giustizia, tutti valori – dice – “forgiati a New York”.

Intanto, il presidente Barack Obama s’è ancora una volta schierato dalla parte di Hillary, almeno nella polemica sull’ ‘emailgate’, cioè l’utilizzo della mail privata quand’era a capo del Dipartimento di Stato. In un’intervista, Obama definisce “eccezionale” il lavoro dell’ex segretario di Stato ed esclude che abbia mai messo a rischio la sicurezza nazionale, come sostengono i suoi detrattori.

Le indagini sull’ ‘emailgate’ vanno comunque avanti e il presidente assicura che “nessuno è sopra la legge”. Di Trump, Obama dice che la gente non vuole idee “raffazzonate” e il segretario di Stato John Kerry rileva che le “follie” dello showman imbarazzano gli Stati Uniti in sede internazionale. Il vice-presidente Joe Biden dice che la Clinton e Sanders sono entrambi “qualificati”; ma aggiunge di volere vedere una donna presidente, aggiungendo che l’America “è pronta”.

La Clinton, invece, riceve meno aiuto dello sperato dal marito Bill, che si dà da fare – è stato per lei nel Wyoming, dove l’ex first lady non s’è fatta proprio vedere e ha perso –, ma è spesso contestato per il suo passato da presidente e anche da marito. Pure Trump cerca aiuto in famiglia, voto dei figli a parte: la moglie Melania, quando lo introduce sul palco dei comizi, dice che è “un leader forte” e “un uomo buono”.



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