“Il voto del Parlamento europeo sull’etichettatura dei semafori inglesi è una rivincita del made in italy, grazie ad un ampio fronte comune, da Coldiretti a Federalimentare, ma attenzione a non abbassare la guardia. Quello di Strasburgo è solo un invito, adesso tocca alla Commissione decidere e, per questo, sto preparando un’interrogazione, che mi auguro abbia la più ampia sottoscrizione possibile, dove chiediamo un’indagine a tappeto nei supermarket inglesi perché se viene acclarato il danno allora va imposto un divieto immediato e il ritiro definitivo dell’etichettatura dei semafori”.
Paolo De Castro, eurodeputato Pd, già ministro dell’Agricoltura nei governi D’Alema e Prodi, attuale coordinatore del gruppo dei Socialisti e democratici alla commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento europeo, è soddisfatto per il risultato ottenuto dall’Italia in Europa ma da esperto sa che è proprio adesso che “bisogna essere ancora più incisivi e fare un pressing verso la Commissione perché il voto è un invito a rimettere in discussione il fondamento scientifico dei ‘profili nutrizionali’ ma il sistema dei semafori non scomparirà dall’oggi al domani se non verrà espressamente vietato. Dobbiamo dimostrare che il rosso del semaforo ha creato un danno vero ai nostri prodotti. Questa è la sfida”.
Eppure in Italia si canta vittoria, non è così?
“Intendiamoci, è una grande vittoria, costruita grazie all’impegno di tutti, dagli industriali agli agricoltori che si sono uniti e hanno spinto i parlamentari ad essere compatti. Le informazioni nutrizionali per i consumatori devono essere corrette e trasparenti, e in alcun modo fuorvianti o condizionanti come lo sono ad esempio quelle percepite dai consumatori inglesi attraverso il sistema di etichettatura a semaforo”.
Quindi?
“Abbiamo messo a segno un punto, ma siamo a metà del cammino. Adesso occorre andare in pressing sulla Commissione. Appurato che l’indicazione dei profili nutrizionali non ha alcun fondamento scientifico, anzi si rischia in base all’indicazione dei contenuti di grassi, di sale e di zucchero di creare una lista di alimenti catalogati in ‘buoni’ o ‘cattivi’ cosa profondamente sbagliata, adesso serve che Bruxelles avvii un’indagine per verificare il danno che hanno subito i nostri prodotti. E se questo viene dimostrato si deve passare dall’invito al divieto di questo modo di informare i consumatori”.
Ma lo sa che invece in Gran Bretagna gli inglesi considerano questo un ottimo sistema contro il cibo spazzatura e le multinazionali?
“Lo so e penso che sia davvero un problema di educazione alimentare. Non è l’uso di questi prodotti a rendere più obesi gli inglesi come fanno credere il semaforo rosso all’olio d’oliva o al Prosciutto di Parma. Ma l’abuso. Pensi alla storia dell’alcol. Da noi se ne consuma moderatamente lungo l’arco della settimana, da loro fiumi di birra e vino solo nel week end. È proprio l’approccio ad essere sbagliato. Solo che se viene consumato un danno, come noi riteniamo per i prodotti del made in Italy, allora la Commissione ha il dovere di vietare questo tipo di etichettatura. Intanto con il voto del Parlamento abbiamo bloccato il proliferarsi di questo sistema che difficilmente altri paesi adesso seguiranno”.
Eppure le etichette sono importanti. L’Italia si è sempre battuta per renderle obbligatorie, basta pensare alle battaglie sul made in. Non si potrebbe convergere su questo?
“Magari. È inutile girarci intorno. Anche sul sistema dei semafori c’è un’Europa del Nord che non la pensa come quella mediterranea. Siamo divisi. E sulle etichettature le nostre battaglie sono sempre state difficili. Eppure oggi abbiamo ottenuto l’obbligo su tutti i prodotti freschi: ortofrutta, carne, latte. Adesso cercheremo di avere un’etichetta d’origine anche sui prodotti trasformati. Sempre con l’intento di aiutare i consumatori a scegliere meglio e i produttori a difendersi dalla concorrenza sleale e dalla contraffazione. Queste sono le vere etichette di cui avremmo bisogno”.