Mi preoccupo che la gente sappia. Così riassumo il quesito e poi esprimo la mia opinione. Libera.
17 aprile 2016, Referendum sulle trivellazioni in mare entro 12 miglia marine. Oggetto: Divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro dodici miglia marine. Esenzione da tale divieto per i titoli abilitativi già rilasciati. Abrogazione della previsione che tali titoli hanno la durata della vita utile del giacimento.
Da cristiana e da persona comunque con un minimo di buonsenso credo opportuno esercitare il mio diritto di espressione e di voto. Poi non c’è dubbio c’è la preoccupazione per la salute dell’ambiente e cresce la tensione verso una cura del creato più autentica soprattutto perché sono convinta che abbiamo il dovere di lasciare ai nostri figli e nipoti i un mondo della natura il più pulito possibile. Sono altresì convinta che uno stile di vita di ognuno di noi e della comunità che abbiamo avuto in dono sobrio e con uno sviluppo sufficientemente sostenibile, ha necessariamente bisogno di metodi che rispettino il mare e la terra dall’inquinamento del petrolio, degli oli vari, combustibili fossili ecc.
La difesa dell’acqua e del mare del bene comune impone una partecipazione e una responsabilità civica. La salvezza dell’ambiente, della bellezza naturale del paesaggio e della qualità della vita è un impegno doveroso verso il futuro delle donne e degli uomini che abiteranno il nostro pianeta. Dopo di noi, perché NON tutto finisce quando torniamo alla madre terra e del potere bulimico del danaro, sotto terra non ce ne facciamo più nulla. È importante recarsi a votare, per non sciupare questa occasione di partecipazione democratica su un tema di primaria importanza come quello energetico e ambientale, per il lavoro, la salute, anche sicuramente per la vocazione turistica del Paese.
Io desidero personalmente contribuire a riavviare un dibattito sull’esigenza di pensare ad un modello energetico pulito, basato sulle energie rinnovabili, riconoscendo che le quantità di gas e petrolio che estraiamo nei nostri mari sono esigue rispetto al fabbisogno nazionale, mentre, e questo è dimostrato, le attività estrattive sono inquinanti, con impatti sull’ambiente e sull’ecosistema marino, con danni al turismo, alla fauna e all’attività di pesca. Inoltre, sempre sui dati e non sulle sensazioni vero è che eventuali incidenti avrebbero effetti disastrosi, dato che il Mediterraneo è chiuso, e dal 1977 al 2010 si sono già verificati 132 incidenti, in 52 dei quali c’è stata dispersione del carico (312.000 tonnellate di petrolio in mare).
Attualmente le risorse italiane verificate ammontano a 84, 8 milioni di tonnellate di petrolio e 53.713 milioni di metri cubi di gas naturale. I pozzi in attività sono 886. In Adriatico abbiamo conoscenza di cosa può succedere attraverso l’elaborazione di modelli matematici che si applicano con affidabilità. L’area adriatica è abbastanza ricca e in mare i giacimenti si trovano a una profondità tra i 1.000 e i 1.500 metri. Il gas è contenuto nei pori di una roccia molto dura che viene bucata e si succhia. L’effetto è quello di una spugna rigida: quindi, estraendo, la roccia si compatta e si realizza una deformazione che arriva alla superficie, ma i residui e i detriti dell’estrazione, una volta caricati su delle motonavi, ammesso che la sabbia smossa non inquini, non si sa dove finiscono.
Il fenomeno è insignificante se il suolo cala di 10 centimetri in mare aperto, perché produce un impatto minimo, ma se si verifica accanto alla costa il risultato è ben diverso: un abbassamento di 10 centimetri a sottomarina significa perdere un chilometro e mezzo di spiaggia. Dunque si deve considerare la vulnerabilità del territorio per prevedere quale sarà l’impatto e dunque poi decidere quando e dove trivellare. È possibile poi che l’attività nel sottosuolo sia causa di terremoti perché gli studi hanno rilevato un collegamento e in genere si tratta di microsismi di 1- 1, 5 gradi e la trivellazione raggiunge i mille, millecinquecento metri di profondità ed è comunque accertato che un sisma indotto dalle trivellazioni arriva a propagarsi fino a 300 metri, creando onde e danni susseguenti.
Sono nove i consigli regionali che hanno proposto i quesiti referendari: Basilicata (capofila), Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto. In origine i quesiti erano sei e cinque sono stati superati dai provvedimenti compresi nell’ultima legge di stabilità. Poi abbiamo la memoria corta: alla Cop 21 di Parigi l’Italia si è impegnata a contenere il riscaldamento e ad abbandonare le fonti fossili, mentre nega che vi siano ripercussioni occupazionali, in quanto in caso di vittoria del Sì verrebbe meno solo la possibilità di proroga delle concessioni, alcune delle quali scadono tra 20 anni, ma non si avrebbe la cessazione immediata delle estrazioni e comunque NON siamo in grado di prevedere i danni della corrosione degli impianti. Un disinteresse che pesa sulla democraticità dell’intero processo.
Vi sono poi altre questioni che NON vanno sottovalutate: siamo evidentemente dinnanzi a un esempio di conflitto di competenze tra autonomie locali e Governo centrale, a conferma eclatante della confusione creata dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 che continuerà anche a procurare danni irreparabili con la confusione della perdurante riforma che ci vogliono far digerire. Un secondo problema è il dato di disaffezione delle e degli italiani in una fase storica del nostro Paese in cui come cittadini tendiamo a una crescente estraneità verso le istituzioni democratiche, conseguente alla convinzione che la nostra opinione sia sostanzialmente irrilevante e che il nostro voto, anche referendario, serva a poco.
Io come cittadina pretendo di scegliere consapevolmente come partecipare e trovo riprovevole la non consapevolezza e responsabilità, perché è uno strumento di esercizio della nostra cittadinanza. E perché mi interrogo, se pur informata dei fatti, sulla nostra dipendenza dall’estero per gli idrocarburi, la riduzione degli investimenti, i possibili tagli sulla sicurezza. Verso quale futuro portiamo ai nostri figli e nipoti ? Questo è il mare nostro, la terra nostra, questa è la nostra patria: non accetto l’opportunità e la giustezza di decisioni che sono assunte dall’alto in nome di interessi superiori tutti da verificare e valutare.
In Italia manca la capacità di coinvolgere le persone e di stare insieme non per ‘contarci’, ma per capire, riusciamo in Italia a non risolvere i problemi solo dividendoci tra favorevoli e contrari, i conflitti sono la spia di un malessere a vari livelli, e la politica dovrebbe avere la capacità di sintesi degli interessi per il bene comune e non di pochi.