L’8 novembre, le elezioni presidenziali negli Stati Uniti potranno essere decise da qualche migliaio di pregiudicati cui il governatore della Virginia ha restituito il diritto di voto: Terry McAuliffe, ex presidente del partito democratico, molto vicino a Hillary Clinton, ha appena revocato una norma della Costituzione statale che risaliva alla Guerra Civile e ha restituito i diritti civili a oltre 200 mila ex detenuti, scavalcando il Parlamento statale a maggioranza repubblicana.
E i repubblicani hanno reagito ribadendo l’opposizione al provvedimento, che sarebbe motivato, a loro avviso, da ragioni politiche: i detenuti nelle carceri della Virginia sono in stragrande maggioranza neri e gli afro-americani, che tendenzialmente votano democratico, potrebbero avere un ruolo chiave in questo Stato, che tradizionalmente oscilla tra repubblicani e democratici.
L’illazione, raccolta e raccontata da Alessandra Baldini sull’Ansa, è che la Virginia potrebbe essere uno stato chiave l’8 novembre e potrebbe andare ai democratici proprio grazie i voti neri resi ora possibili dal governatore.
La decisione di McAuliffe, negli Anni Novanta tesoriere delle campagne elettorali di Bill Clinton, consente a un ex detenuto, che abbia scontato la sua pena e concluso il periodo di libertà vigilata, di registrarsi per il voto e di godere alcuni diritti civili, fra cui quelli elettorali.
La decisione di McAuliffe, che è stata preparata in gran segreto, è arrivata in una fase di polemiche in Virginia sulla razza, il sovraffollamento delle prigioni, il sistema giudiziario che penalizza i neri. La Virginia guidò la secessione del Sud durante la Guerra Civile e la sua capitale, Richmond, fu la capitale dei Confederati.
Solo due Stati in tutta l’Unione non impongono restrizioni di voto agli ex detenuti. La Virginia era, invece, era fra i quattro Stati, insieme a Florida, Kentucky e Iowa, che imponevano le più rigide. McAuliffe, naturalmente, smentisce di avere agito per motivi politici, ma piuttosto ideali.