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Wisconsin, vincono Cruz e Sanders. Svolta tra i repubblicani?

I delegati in palio sono relativamente pochi e le posizioni non cambiano. Ma il voto nel Wisconsin può segnare una svolta nella campagna, specie fra i repubblicani, dove vince Ted Cruz, con il 49% dei suffragi, davanti a Donald Trump con il 34% e John Kasich con il 14%. Fra i democratici, vince Bernie Sanders, con il 56% dei consensi, battendo Hillary Clinton con il 44%.

Gli 86 delegati democratici e i 42 repubblicani vengono ripartiti proporzionalmente: la Clinton e Trump restano nettamente in testa alle rispettive corse. L’affluenza è molto alta per le primarie, intorno al 40%: c’è chi la definisce record.

I successi di Cruz e di Sanders erano largamente anticipati dai sondaggi. Il senatore del Vermont è alla sesta vittoria consecutiva e conferma che dove l’elettorato è prevalentemente bianco e ci sono relativamente pochi neri e ispanici lui la spunta sull’ex first lady, più forte invece dove c’è diversità. Sanders ha, inoltre, nei Grandi Laghi – ha vinto pure in Illinois e Michigan – e nel New England quasi dei feudi, come nel Sud la Clinton.

Per la credibilità e la solidità delle chances presidenziali di Hillary, saranno decisivi i martedì 19 – New York – e 26 – la Costa Est -. Sanders sente crescere il suo momento e lancia dal Wisconsin messaggi d’ottimismo, mentre l’ex first lady resta a fare campagna nella Grande Mela e non commenta.

Fra i repubblicani, invece, Trump conferma di stare attraversando un momento difficile, che potrebbe pure essere – lo afferma Cruz, a vittoria acquisita – un momento di svolta della campagna: ha inanellato, negli ultimi giorni, una serie di gaffes, specie sull’aborto e sul nucleare che, contrariamente a quanto accadeva in passato, non gli hanno più fatto guadagnare popolarità, ma gli sono anzi costate consensi, con cali nei sondaggi e qualche vuoto ai suoi comizi, dove spesso faceva il ‘tutto esaurito’. Neppure la discesa in campo della moglie Melania gli ha restituito simpatie nell’elettorato femminile, alienate dal linguaggio sessista e dalle battute sull’aborto poi corrette (“Bisognerebbe punire chi lo pratica”).

A questo punto, per i repubblicani la prospettiva di arrivare alla convention a giochi aperti è più che mai reale: può cioè succedere che nessuno degli aspiranti alla nomination ottenga, con le primarie, il numero di delegati necessario ad assicurarsela, con Trump avanti, ma Cruz non molto sotto e Marco Rubio, che è fuori, ma non cede, per ora, i suoi delegati, e Kasich, deludente in Wisconsin, con pacchetti sufficienti a tenere l’esito della corsa in bilico.

A quel punto, molti scenari sono possibili, perché né Trump né Cruz, ultra-conservatore, evangelico, Tea Party, hanno il profilo dell’unificatore del partito. E potrebbe scattare l’ora dell’asso nella manica: occhi puntati, negli ultimi giorni, sullo speaker della Camera Paul Ryan, più che sul candidato battuto nel 2012 Mitt Romney.

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