Si è aperto ieri a Sperlonga il 7° Convegno internazionale AgroSpazio organizzato da FederLazio con la collaborazione di Aero Sekur, dell’agenzia spaziale tedesca DLR e dell’Università dell’Arizona. L’obiettivo del convegno è quello di riflettere sull’utilizzo delle conoscenze dei sistemi più avanzati per la produzione di cibo sulla Terra indirizzandole alla produzione di cibo nello spazio. A precedere l’evento una conferenza aperta al pubblico che ha visto riuniti al Tempio di Adriano esperti internazionali – tra cui Daniel J. Barta della Nasa, Piero Messina dell’Esa e Gene Giacomelli dell’Università dell’Arizona – per discutere delle opportunità di sviluppo dell’agricoltura spaziale.
Come ricordato da Luciano Mocci, Direttore generale di FederLazio: “La regione sta seguendo con sempre maggiore interesse questo cammino, testimoniando la rilevanza di un contesto territoriale dotato di importanti distretti nel settore dell’aerospazio e della difesa”.
Il presidente della Camera di commercio di Roma Lorenzo Tagliavanti ha posto l’attenzione sul ruolo che lo sviluppo del settore può avere per il rilancio di un’economia locale che può trovare nuovo slancio nelle attività legate ai temi della sostenibilità e delle emergenze poste dalla globalizzazione – tra cui la necessità di sfamare una popolazione sempre più numerosa. “Potremo fare questo solo se riusciremo a combinare i punti più avanzati di una tecnologia di cui il nostro territorio è portatore” ha affermato.
Di questa nuova frontiera dell’esplorazione spaziale si parla già da qualche anno. Era il 2004 quando un gruppo di tecnici e ingegneri capitanati dall’attuale presidente di FederLazio Silvio Rossignoli hanno iniziato a ipotizzare la realizzazione di una serra da trasportare su Marte. Il progetto, da visionario quale era, si sta piano piano trasformando in realtà e la prima missione di questo genere è prevista per il 2024.
La necessità di sviluppare tecnologie e tecniche di coltivazione spaziale ha una duplice derivazione. Da una parte essa può consentire la realizzazione di missioni umane di lunga durata nello spazio. Si consideri che, una volta risolti i problemi di rientro da Marte, una missione umana verso il pianeta rosso richiederebbe, in via di approssimazione, un impegno temporale di almeno un paio d’anni. Trasportare la quantità di cibo necessaria a nutrire l’equipaggio sarebbe pressoché impossibile considerati i volumi, il peso e i relativi costi proibitivi della missione stessa. Dall’altra parte sperimentare coltivazioni in ambienti diversi da quello terrestre potrebbe condurre l’uomo a scoprire nuovi modi per produrre cibo in modo sempre più efficiente e sostenibile. Dal risparmio di risorse idriche ed energetiche alla capacità di dotare centri urbani densamente popolati di architetture futuristiche conosciute come orti verticali che, secondo alcune stime potrebbero ridurre al 2% il consumo di acqua e ridurre anche l’impatto ambientale in termini di consumo di suolo o impiego di fertilizzanti.
Il settore è fortemente interdisciplinare e richiama la partecipazione dell’ingegneria aerospaziale, della scienza delle piante, dell’orticultura, della microbiologia, della scienza dell’alimentazione, della medicina, dell’architettura e della psicologia.
In una dichiarazione presentata nel 2014 al 6° Convegno internazionale di Sperlonga sono stati evidenziali i prossimi step del progetto AgroSpace che prevedono valutazioni su larga scala da effettuare riproducendo le condizioni tipiche dello spazio extra-atmosferico, con una serra in Antartide che sarà sviluppata già nel 2017, una struttura completa per la crescita di piante sulla stazione spaziale internazionale nel 2021 e un carico in grande scala sulla stazione o sulla superficie lunare nel 2025.
A livello globale sono molte le realtà impegnate in termini di investimenti e programmi di ricerca per lo sviluppo del settore. In una conversazione con Formiche Daniel Barta della Nasa ha affermato: “Ci sono molti Paesi che si stanno impegnando. L’Italia sta facendo molto, come anche la Russia, il Canada e il Giappone. L’interesse è esteso. In ambito Esa c’è ad esempio il progetto Melissa che combina la produzione di cibo al tema del riciclo dei rifiuti”.