Skip to main content

Austria, tutte le poste in gioco alle elezioni presidenziali

Domenica 22 maggio si decideranno le sorti dell’Austria “e tra non molto potrebbe non esserci più la democrazia parlamentare come l’abbiamo conosciuta fino a oggi”, scriveva allarmato il settimanale Profil.

I SONDAGGI

Secondo i sondaggi i due candidati in corsa per la presidenza della repubblica, Norbert Hofer del partito nazionalpopulista Fpö e Alexander Van der Bellen, ex leader dei Verdi, sono testa a testa. L’Unione Europea segue con una certa apprensione l’esito delle elezioni: una vittoria di Hofer potrebbe, infatti, voler dire un’ulteriore chiusura dell’Austria nella questione profughi e, più in generale, un altro Stato membro riottoso al pari di Ungheria e Polonia.

COSA NON FANNO POPOLARI E SOCIALDEMOCRATICI

Diversamente da quel che ci si poteva aspettare, i due maggiori partiti – quello socialdemocratico (Spö) e quello popolare (Övp) – non hanno dato indicazioni di voto. La sconfitta dei loro candidati al primo turno è stata cocente (non era mai successo prima, che nessuno dei due riuscisse a portare il proprio candidato al ballottaggio).

LE DIFFERENZE TRA I CANDIDATI

Meglio dunque non esporsi, pena la perdita di altri elettori: Van der Bellen è un europeista convinto, a favore di una politica dell’accoglienza “certo sostenibile, ma comunque aperta”. Hofer è un euroscettico, con credo e pedigree politico che includono anche posizioni e contiguità con l’estrema destra. Più espliciti alcuni esponenti della Chiesa, che hanno consigliato di votare Hofer, anche se questi anni fa ha abbandonato il cattolicesimo a favore del protestantesimo. Una dichiarazione di voto che però non è piaciuta al cardinale di Vienna Schönborn, il quale ha fatto sapere che non compete alla Chiesa “prendere posizione nelle elezioni”. E infine si è fatta sentire la comunità ebraica, la quale, pur non suggerendo il candidato da votare, ha sottolineato le frequenti esternazioni xenofobe da parte di Hofer e del suo partito.

IL DIBATTITO SUI POTERI DEL PRESIDENTE

L’allarme lanciato dal settimanale Profil, ma non è stato l’unico, anche il quotidiano Standard vede in pericolo la democrazia se fosse Hofer a vincere, riguarda un particolare potere conferito dalla costituzione al capo di Stato austriaco. “Si tratta di un emendamento apportato nel 1929 alla costituzione del 1920” spiega Clemens Jabloner, ex presidente della Suprema corte amministrativa. L’emendamento dà facoltà al capo di Stato di licenziare a sua discrezione il cancelliere, incaricarne uno nuovo a formare un governo e qualora questo non riuscisse nell’intento o non ottenesse poi la fiducia del Parlamento potrebbe tornare dal capo di Stato e chiedere lo scioglimento dello stesso e elezioni anticipate. Già ma quali potrebbero essere i motivi che autorizzano il presidente a mandare a casa il governo in carica? “Sul piano prettamente giuridico non ha bisogno di dare spiegazioni”, afferma Jabloner, “ma è ovvio che sul piano politico cercherà una ragione plausibile”. Anche nella scelta del cancelliere in pectore il capo di Stato è libero. Dunque, nel caso fosse Hofer il futuro inquilino della Hofburg, potrebbe scegliere Heinz-Christian Strache, il leader dell’Fpö, anche se il partito attualmente è all’opposizione. Si tratterebbe di una mossa azzardata, ma comunque legittima oltre che strategica. Se Strache e i ministri da lui scelti non dovessero ottenere la maggioranza dei voti si passerebbe, come detto, a elezioni anticipate. E stando agli attuali sondaggi, i nazional populisti avrebbero ottime chance di uscirne vincenti.

IL NODO DELL’EMENDAMENTO

La costituzione austriaca ricalca quella di Weimar, ma mentre i tedeschi eliminarono nel dopoguerra questo emendamento, gli austriaci no. “Subito dopo la fine della guerra, l’Austria aveva bisogno di dotarsi urgentemente di una costituzione. C’era una grande paure dei russi, per cui si è riattivata quella precedente”, spiega Jabloner. E a dire il vero, l’emendamento del ‘29, fino a oggi problemi non ne aveva dati. Nessuno dei capi di Stato se ne è fino a oggi avvalso. Ma ora il problema si pone “solo che dubito che in Parlamento si troverebbe una maggioranza di due terzi per abolire quell’articolo. Personalmente sarei per il ritorno alla costituzione del 1920, ma al tempo stesso non credo sia realistico pensare di limitare i poteri del capo di Stato solo perché è arrivato qualcuno che risulta sgradito”.

I FATTORI PRO HOFER

Anche se domani gli austriaci sceglieranno “solo” il nuovo capo di Stato, mai dal dopo guerra a oggi, il paese è stato così diviso. E questo dovrebbe far riflettere, secondo Jabloner. La società è sempre più cristallizzata in gruppi di appartenenza. “C’è una divisione tra città e campagna, tra diversi livelli di istruzione, tra uomo e donna”. E questo ha permesso all’Fpö di raccogliere voti trasversalmente e ai grandi partiti di un tempo, di paralizzarsi a sua volta. Ora l’Spö ha un nuovo capo, l’ex amministratore delegato delle ferrovie austriache Öbb Christian Kern. Di lui si dicono molte cose positive, ha rimesso in piedi l’azienda, ha saputo fare gioco di squadra, ha il polso della situazione economica del paese. Se riuscirà nel miracolo di rivitalizzare la grande coalizione attualmente al governo è troppo presto per dirlo. Ma se così non fosse, elezioni anticipate sarebbero inevitabili, così come la vittoria dell’Fpö.

GLI SCENARI ELETTORALI

A quel punto si aprirebbero due scenari, uno dei quali, stando a quel che spiega Jabloner, particolarmente sorprendente: “Se il partner di minoranza fossero i popolari il cancelliere non potrebbe essere Strache, perché uno dei punti fermi dell’Övp è il suo europeismo. Il capo dell’Fpö potrebbe guidare il governo solo in una coalizione con i socialdemocratici. Certo, questo spaccherebbe l’Spö, ma un vice ci sarebbe già. Il governatore socialdemocratico del Burgenland”. La regione più a est dell’Austria viene, infatti, già governata da una coalizione Spö Fpö e i più conservatori tra i socialdemocratici condividono molte delle visioni dei nazional populisti.



×

Iscriviti alla newsletter