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Chi gongola per i Black bloc al Brennero

Ci hanno pensato loro a chiudere la frontiera. Non, però, gli austriaci, come avevano più volte annunciato e che, per la prima volta, al contrario, oggi rassicurano l’Italia: “Al Brennero non ci sarà alcun muro e il confine non verrà chiuso”, secondo le parole del nuovo ministro dell’Interno, Wolfgang Sobotka (nella foto). Segno che forse le autorità di Vienna cominciano a rendersi conto che sbarrare uno dei principali passaggi del continente sarebbe “una catastrofe politica”, per dirla con la Commissione Europea.

Quelli che invece per diverse ore hanno bloccato tutto lassù, al valico, occupando strade, binari e autostrade, sono stati centinaia di cosiddetti black bloc, in gran parte ma non solo italiani per protestare contro la chiusura annunciata. Con i soliti caschi e passamontagna ben calati per non essere riconosciuti, si sono dedicati a ciò che li rende riconoscibili: la violenza. Lancio di pietre e di molotov contro la polizia, uso di mazze e di bastoni. Il solito “linguaggio” da professionisti della guerriglia che s’inebriano di scontri, lasciando sul terreno devastazioni e feriti. Stavolta ben diciotto agenti feriti, a fronte di pochi arresti e fermati tra i manifestanti vestiti di nero. Che vorrebbero trasformare anche il Brennero in una lotta continua e distruttiva, stile scontri già visti in Val di Susa o contro l’Expo. Uno spettro che s’aggira per l’Europa.

Ma l’uso della violenza al valico può avere anche risvolti politici negativi. Perché dà agli austriaci un alibi per giustificare l’ingiustificabile muro in nome della sicurezza. Perché trasforma il pacifico dilemma di come accogliere e controllare poveri migranti -dilemma che divide Roma e Vienna-, in atto di aggressione contro persone (pure i giornalisti) e cose. Perché dà l’idea che le nostre autorità sottovalutino i facinorosi: se avessero manifestato sul versante austriaco non avrebbero goduto delle stesse libertà di violenza di cui hanno beneficiato sul suolo italiano.

L’Italia non può rischiare, a causa di pochi eppur organizzati provocatori, di passare dalla parte del torto, avendo ragione piena: giù le mani dal Brennero, il nostro crocevia più europeo che ci sia. Ora gli austriaci ci chiedono “di fare i compiti” per evitare i loro controlli al valico. Ciò che gli italiani stanno facendo a fronte del dramma delle migrazioni è ben più di un compitino. E comunque, chi pensa a un muro, non può dare né chiedere lezioni a nessuno.

(Articolo pubblicato sul Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)

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