“Avvenire”, 25 maggio 2016
Flavio Felice – Fabio G. Angelini
“Ti rivolgo, o vecchia Europa, un grido pieno d’amore: Torna a te medesima, sii te stessa! Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici. Rivivi quei valori autentici che hanno fatto gloriosa la tua storia e benefica la tua presenza tra gli altri continenti”. Queste le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nello storico pellegrinaggio a Santiago di Compostela nel 1982 e riprese da Papa Benedetto XVI nell’Angelus del 24 luglio 2005. Questo manifesto europeista è stato fatto proprio anche da Papa Francesco nel discorso pronunciato lo scorso 6 maggio, in occasione della consegna del premio Carlo Magno. Con il suo stile inconfondibile, il Pontefice ha voluto dapprima ravvivare la nostra sensibilità sulle radici più profonde dell’Europa, richiamando quell’umanesimo che nasce dalla capacità “di integrare”, “di dialogare”, “di generare” che sono iscritte nel codice genetico dei popoli europei e, nello stesso tempo, ha proposto un’idea aggiornata di Europa, in linea con il “complesso quadro multipolare dei nostri giorni”, sfidandoci a pensare un paradigma economico inclusivo ed equo, che investa sulle persone, creando posti di lavoro e qualificazione.
Significativamente, a tal proposito, rinviando all’Evangelii gaudium, alla Laudato Si’ e ai suoi illustri predecessori, Francesco ha fatto riferimento all’Economia Sociale di Mercato (ESM), cogliendo in modo estremamente semplice e diretto l’essenza del modello economico su cui è stata costruita l’integrazione economia europea da parte dei suoi padri fondatori.
Come ci hanno insegnato i padri dell’ESM, rappresentata in Italia da autori quali Sturzo e Einaudi, si tratta di un paradigma incentrato su una specifica proposta istituzionale, da riferimenti culturali, etici e giuridici, orientata a generare inclusione, equità e sviluppo integrale, mediante la continua vigilanza contro la concentrazione del mercato e la discrezionalità della politica. Il riferimento all’ESM non deve stupire, se si considerano i riferimenti del Magistero sociali ad un sistema economico che riconosca il “ruolo fondamentale e positivo” dell’impresa, della libertà, del mercato, della creatività e del diritto di proprietà, inquadrati in un solido quadro giuridico, il cui fondamento sia l’intangibile dignità della persona (Centesimus annus, 42).
Nella prospettiva della Dottrina sociale della Chiesa (DSC), del resto, l’opzione preferenziale per i poveri non si traduce in un assistenzialismo che mortifica la carità. Sul fronte della lotta alla povertà, essa richiede un impegno costante ad elevare i più deboli, perseguendo un’idea di sviluppo che, attraverso l’inclusione, tenga conto non solo alla crescita economica, ma anche dello sviluppo umano integrale, di cui la crescita è solo un aspetto: necessario, ma non ancora sufficiente. Da questa visione e dalla carità cristiana discendono i concetti di bene comune, di solidarietà e di sussidiarietà che sono alla base di quel “nuovo umanesimo europeo” auspicato da Francesco, ma anche della “Civitas humana” evocata dall’economista Wilhelm Röpke, tra i padri dell’ESM.
Con questo discorso Francesco ci consente di portare la DSC al centro del dibattito economico ed istituzionale europeo, quale contributo indispensabile per risvegliare l’Europa dal suo torpore. Inoltre, egli coglie un tratto fondamentale della ESM: la grande sfida inclusiva e solidale di fronte alla quale è posta l’economia europea e rispetto alla quale, in un contesto di contrazione delle risorse pubbliche, occorre un deciso investimento sul lato della sussidiarietà orizzontale, dell’accesso al credito, dell’istruzione, della mobilità sociale, dell’imprenditorialità e del lavoro. Lungo questa via, secondo il paradigma dell’ESM, la ricerca del bene comune, investendo la responsabilità di tutte le istituzioni ordinate secondo il principio di sussidiarietà, può diventare la leva di un progetto di crescita dell’economia europea e un modello da proporre ai paesi in via di sviluppo, per l’edificazione di un’autentica “civitas humana”.