“Essere figli di Dio è nel nostro Dna”: il Papa riprende come metafora un termine scientifico ormai entrato nell’uso comune, che conferma l’attenzione di Francesco Bergoglio per questi temi innovativi, dopo il recente utilizzo di altre espressioni tratte dell’informatica (‘app’, ‘non c’è campo’). Il Progetto Genoma e le ricerche in genetica, evidentemente, hanno lasciato il segno. Oggi numerosi risultati scientifici e anche la modalità con cui vengono comunicati inducono a concludere che
effettivamente una componente genetica incida in quasi tutti i nostri comportamenti e atteggiamenti: senso estetico, coscienza morale, altruismo,
empatia. Diventa allora possibile accennare all’eventualità che nel Dna ci sia scritto più di quello che ancora non riusciamo a leggere.
Quando iniziò il Progetto Genoma Umano, alla fine degli anni Ottanta, il dibattito sulle implicazioni sociali ed etiche della genetica in Italia era praticamente assente. La personalità del Professor Renato Dulbecco e il rapido accumularsi di scoperte rivoluzionarie hanno fatto sì che alcuni aspetti della genetica siano entrati nel linguaggio di ogni giorno. E’ importante che ci si renda conto di quanto questi progressi scientifici incidano sulla nostra vita.
Si può sperare che questo riconoscimento della profonda compenetrazione della genetica nella società attuale porti da parte della comunità cattolica ad una profonda riflessione su come alcuni aspetti, erroneamente ritenuti fondamentali della dottrina, siano in realtà un inutile peso e debbano venir riconsiderati alla luce delle nuove acquisizioni della biologia. Non si tratta qui solo degli aspetti di bioetica, che sono spesso oggetto di litigi più che di un sereno dibattito, ma di considerare come il fenomeno umano debba essere oggi analizzato in funzione delle moderne teorie che hanno al centro quella molecola di Dna senza la quale la vita, probabilmente, non esisterebbe così come la conosciamo.
