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Cosa pensa il New York Times della diatriba fra Google e Antitrust Ue

Ancora bufera su Mountain View. Dopo dodici mesi di indagini la Commissione Europea ha formalizzato le accuse per «abuso di posizione dominante per le restrizioni imposte» ai produttori di smartphone e tablet Android e agli operatori di telefonia mobile, a cui Big G impone di pre-installare le sue app «come per esempio Google search». Ciò secondo il commissario Ue per la Concorrenza, Margrethe Vestager, rafforzerebbe il dominio del colosso nel campo delle ricerca internet e violerebbe le regole Ue.

LA CRITICA DEL NYT ALL’APPROCCIO DELL’ANTITRUST UE

In sostanza, la posizione dominante di Google crea un monopolio che necessita di essere regolamentato per evitare che l’azienda calpesti la concorrenza. Una premessa non particolarmente condivisa dal New York Times che, in questi mesi di acceso dibattito sul tema, torna a schierarsi in maniera netta contro l’approccio dell’Ue che «sovrastima le capacità regolatrici e sottovaluta la resilienza dei mercati dinamici».

Settori dominati da uno o due imprese tendono a ristagnare, nella visione concorrenziale più classica. Tuttavia, secondo il giornale americano «l’esperienza del mondo reale smentisce questa visione. Gli utenti web di tutto il mondo hanno preferito Google ad altri motori di ricerca a partire dai primi anni 2000, e Android smartphone per tutti gli altri telefoni dal 2010».

GOOGLE E LA CONCORRENZA

Oggi i risultati di ricerca sono più orientati a dare una risposta reale agli utenti, mentre gli smartphone sono molto più grandi e più veloci di sei anni fa, offrendo esperienze di realtà multitasking e virtuali. Ryan Radia spiega dalle colonne del Nyt che, al contrario di quanto si pensa, Google si è trovato più volte in situazioni di concorrenza con imprese dominanti per entrare in nuovi mercati. «Quando Big G ha lanciato Android nel 2008, la maggior parte degli acquirenti di smartphone optavano per un iPhone o un BlackBerry. Mentre oggi l’iPhone resta popolare tra i consumatori benestanti, Android è il sistema operativo preferito in assoluto, soprattutto nelle aree in via di sviluppo, dove i dispositivi Android sono molto più convenienti».

Detto ciò, si chiede il quotidiano americano, «il successo di Android significa che è illegale per Google promuovere i propri servizi su dispositivi Android?» «Affatto» è la risposta. Se Google esercitasse davvero troppo controllo sull’ecosistema Android – spiega il Nyt – si rischierebbe di tagliare fuori gli sviluppatori indipendenti di applicazioni Android e, a loro volta, quei consumatori che apprezzano applicazioni alternative alle sue.

LA “SCOMMESSA” STRATEGICA DI BIG G

Per le autorità di regolamentazione antitrust, la concorrenza soffre quando in un mercato coesistono poche aziende vitali. Eppure, spiega Radia «un soggetto iper-dominante non può certo permettersi di dormire sugli allori». Infatti il Nyt sostiene che la scommessa di Google su Android potrebbe essere vista come un tentativo di evitare che rivali come Microsoft e Apple dominino il mercato in rapida crescita degli smartphone.

Nel diritto americano della concorrenza, determinare se un’impresa dominante ha danneggiato i consumatori è abbastanza difficoltoso. Ma «punire erroneamente una società per una condotta vantaggiosa è molto più pericoloso che permetterle comportamenti anticoncorrenziali, come ha spiegato in un articolo del 1984 il giudice della Corte d’Appello degli Stati Uniti, Frank Easterbrook», si legge.

REGOLE VS. INNOVAZIONE

Perciò, come dovrebbero reagire i governi al successo dirompente di tutte quelle imprese che cercano di raccogliere i frutti della loro innovazione? Questa domanda per il quotidiano americano «potrà solo crescere in importanza con lo sviluppo della tecnologia». Come ha osservato il co-fondatore di PayPal Peter Thiel, i più grandi imprenditori vogliono sfuggire alla concorrenza, non sconfiggerla. Creare nuovi mercati o reinventare quelli esistenti rappresenta il percorso verso la ricchezza che Google, Facebook e Apple seguono. Alcuni temono che questo approccio comporti maggiore disuguaglianza economica. Ma per il New York Times «questo pessimismo ignora la capacità illimitata degli esseri umani “di desiderare di più” e quindi creare opportunità, prodotti e servizi che mai avremmo immaginato e che, a conti fatti, migliorano la qualità della nostra vita».

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