Per Donald Trump e Hillary Clinton, il 25 maggio è stato un mercoledì nero: entrambi sono stati perseguitati da fantasmi del passato, ma c’è da scommetterci che accadrà ancora sovente, prima dell’Election Day. Un quotidiano britannico ha denunciato una manovra del magnate dell’immobiliare, per sottrarre al fisco 50 milioni di dollari, e il rapporto dell’ispettore indipendente del Dipartimento di Stato Usa, inviato al Senato, afferma che l’ex first lady violò le regole, usando un account di posta elettronica privato, quand’era segretario di Stato.
Più nuove le accuse a Trump, anche se la reticenza dello showman a rendere pubbliche le denunce dei redditi alimenta da tempo dubbi sui suoi rapporti con il fisco. Un “mostro di Lochness” ricorrente, invece, quello della Clinton, su cui indaga pure l’Fbi.
L’INCHIESTA DEL DAILY TEPEGHRAPH
Secondo il Daily Telegraph, che ha lavorato sui trascorsi fiscali del candidato repubblicano per tre mesi, Trump fece nel 2007 un investimento “truccato” da prestito per sottrarre al fisco circa 50 milioni di dollari: la prova sarebbe un documento firmato dal magnate e rintracciato dal giornale.
La vicenda è emersa da un’azione legale degli ex dipendenti della Bayrock Group, società partner del gruppo Trump. La Bayrock fece con l’islandese FL Group l’accordo finito sotto accusa. ”Non posso ancora dire se Trump abbia una responsabilità legale” – afferma Frederick Oberlander, legale di uno degli ex dipendenti – ma come cittadino americano mi preoccupa l’idea di un presidente che può essere stato così negligente o avere forse volontariamente eluso la legge”.
Nonostante il magnate abbia apposto la sua firma sulle due versioni dell’accordo, investimento e prestito, e nonostante i dubbi sulle irregolarità segnalate dai consulenti legali, altri esperti consultati dal Telegraph ritengono improbabile che il fisco possa provare la responsabilità di Trump.
L’aspirante presidente è già nel mirino dei critici perché non pubblica la dichiarazione dei redditi, che sarebbe sotto verifica, e perché afferma di possedere un patrimonio di 10 miliardi di dollari doppio di quello stimato dai media.
Il rapporto dell’ispettore
Il rapporto dell’ispettore indipendente del Dipartimento di Stato rileva non solo il fatto già noto che la Clinton da segretario di Stato usava un account privato di email, ma anche vuoti nelle informazioni sull’incarico svolto dall’ex first lady al Dipartimento di Stato.
Tutto ciò costituisce una violazione di policy e procedure in vigore al Dipartimento di Stato. Ma responsabilità simili – si sottolinea nel rapporto – riguarderebbero almeno quattro predecessori di Hillary al Dipartimento di Stato, fra cui il generale Colin Powell, che avrebbe sempre usato la sua email privata – da allora, però, le misure di sicurezza anti-hackers sono divenute più stringenti –.
La campagna della Clinton evidenzia nei suoi commenti proprio questo aspetto: Brian Fallon, il portavoce, dice che il rapporto dell’ispettore “documenta come i comportamenti sulle email di Hillary siano stati coerenti con quelli di altri segretari di Stato e funzionari di alto livello”.