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Ecco il vero significato degli Europei di calcio in Francia

Per gli amanti del calcio, che è pur sempre lo sport più popolare del pianeta, il conto alla rovescia è già cominciato: fra sedici giorni, il prossimo venerdì 10 giugno alle 21, Francia e Romania inaugureranno a Parigi il campionato europeo a cui partecipano, per la prima volta, ben ventiquattro Nazionali. Compresa, naturalmente, la nostra.

Ma c’è un prima e c’è un dopo questo grande evento in arrivo. E a segnarlo è una data fatidica: il 13 novembre 2015, quando proprio a Parigi una serie di attentati di matrice islamica provocò la morte di 137 persone e il ferimento di altre 368. Fu il giorno con più morti in Francia dall’ultima guerra mondiale. Prima di quest’attacco, dell’imminente torneo sul suolo francese, una specie di Mondiale per europei, si parlava solo per raccontare dei calciatori che vi saranno protagonisti, delle squadre più belle da vedere, del gioco a cui ci si prepara ad assistere con passione, con curiosità o con indifferenza per un mese intero. Ma dopo il 13 novembre Euro-France rappresenta anche altro, e molto importante: la capacità degli europei di non farsi intimidire al ricordo, drammatico, del Bataclan, il teatro dove furono ammazzati quasi cento giovani “colpevoli” solamente della gioia vitale con cui partecipavano a un concerto. Adesso l’appuntamento di calcio significa come continuare a fare le cose che l’Europa faceva prima del 13 novembre, garantendo a tutti -sportivi, tifosi, cittadini- sicurezza e protezione. “Saremo pronti a tutte le evenienze, dall’attacco chimico alla presa di ostaggi”, ha detto il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, annunciando l’impiego di 72 mila agenti per vigilare gli stadi, allertare la popolazione all’occorrenza con applicazioni per telefonini, evitare qualunque fenomeno di panico. Ecco il nemico più insidioso: la paura. La paura determinata dai precedenti o dalle minacce, dall’ipotesi che possa accadere ciò che non deve accadere. La Francia si sta organizzando perché nessuno provi a rovinare la festa. E lo fa non nascondendo o rinchiudendo le gare ma, al contrario, esibendole e proteggendole. Non il buio, ma la luce.

È questa la strada per battere il terrorismo dei vili che amano la morte: dimostrare che la vita e le partite di calcio continuano come sempre. Accompagnando, così, la coscienza di quei milioni di europei che inseguiranno con gli occhi e col cuore un pallone sul campo come i bambini l’aquilone nel cielo: per far volare la loro felicità.

(Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)

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