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La Consob, la trasparenza e l’inconsistenza

consob, giuseppe vegas

Prima che Guido Rossi, con un vero colpo di genio, la trasformasse in un valore assoluto dopo la sua nomina alla presidenza della Consob nel 1981, “trasparenza” non era una parola di significato necessariamente positivo, ma nell’uso linguistico corrente rinviava anche alle cose la cui esiguità le rende inconsistenti, quindi trasparenti. Lunedì 9 maggio Giuseppe Maria Vegas, presidente della Consob dal 2010, ha diffuso un discorso di ben 28 pagine che è certamente un omaggio alla trasparenza, come sinonimo dell’inconsistenza.

A parte l’amenità della citazione tratta dalla Politica di Aristotele, infilata a mo’ di ex ergo in cima alla prima pagina del discorso, il testo di Vegas contiene un’imbarazzante collezione di banalità, alcune impagabili come quel finale “Autorità, Signore e Signori, l’attività umana non è mai esente da rischi” e non rinuncia al tartufismo di molti grand commis all’italiana quando, dopo avere annunciato la nomina di due commissari (Giuseppe Maria Berruti e Carmine Di Noia) nelle due poltrone lasciate vacanti per anni da svariati governi, anche tecnici, ha commentato: “L’integrazione del collegio (scilicet Commissione, ndr) assicura un apporto di professionalità e competenze diversificate, garanzia del più ampio dibattito e confronto dialettico in seno alla Commissione, volto ad accrescere la qualità del processo decisionale”, senza trovare il coraggio di spendere nemmeno una parola sul colpevole ritardo dei governi succedutisi in questi anni nel disporre queste (o altre) nomine per rimpiazzare Commissari cessati, lasciando quindi la Consob dimezzata alla mercé di un presidente molto trasparente (ma era già accaduto in passato, sempre nell’indifferenza generale, per esempio ai tempi dell’indimenticabile Lamberto Cardia).

A onor del vero, però, non si deve ridurre il discorso di Vegas al tartufismo e alla banalità che pure abbondano. Ci si riferisce, in particolare, alla parte del discorso subito definita, dal frettoloso zelo degli organi di informazione, l’autoassoluzione di Vegas sulla questione delle obbligazioni subordinate di quattro banche locali messe in liquidazione verso la fine del 2015. Su questo argomento Vegas ha sottolineato un dato significativo, cioè che il 70% del miliardo e passa di obbligazioni subordinate delle quattro banche decotte, in circolazione a fine giugno 2015, pochi mesi prima della loro definitiva chiusura, erano state emesse prima del 2008 cioè “in un contesto di mercato completamente diverso a quello attuale” (osservazione non seriamente contestabile), e precisa che i 374 milioni di euro rifilate ai piccoli risparmiatori delle quattro banche corrispondevano all’1,17 per cento di tutte le obbligazioni subordinate emesse da banche italiane e collocate presso la clientela retail, che ammonterebbero quindi a 32 miliardi.

Da questi pochi dati derivano alcune considerazioni. Innanzitutto, se è vero che questi specifici strumenti finanziari non sono “adatti” al piccolo risparmiatore, forse sarebbe il caso che qualcuno si occupasse di questo “residuo” 98,83% di denaro dei piccoli risparmiatori in pericolo, e non solo di quella frazione dell’1,17% di ex clienti della Banca Etruria. Anche perché, se è vero che per rifilare le subordinate ai suoi clienti Banca Etruria ha messo in piedi una “cabina di regia”, non osiamo nemmeno immaginare che cosa saranno riuscite a escogitare le altre banche per “collocare” 32 miliardi di analoghi titoli. D’accordo che il problema era e probabilmente resta quello di “incastrare” il babbo della ministra Maria Elena Boschi e quindi l’attuale presidente del consiglio (con iter argomentativo che solo la penna di Carlo Emilio Gadda, quello di Eros e Priapo, saprebbe commentare adeguatamente), ma insomma, visto che si parlava del tartufismo di Vegas, bisogna ammettere che anche a questo riguardo il presidente della Consob non riesce a sollevarsi al di sopra di una piatta mediocrità: quanto a tartufi, c’è chi sa fare molto meglio.

Se poi si vuole sforzarsi di fare un discorso più serio, sull’adeguatezza dei sistemi di controllo, o della “validità di fondo dei modelli di vigilanza sulla prestazione dei servizi d’investimento” con le ben più eleganti parole dell’onorevole Vegas, bisogna ancora una volta tornare a Guido Rossi, che nel suo discorso d’insediamento, 35 anni fa e passa, ricordava come nessun sistema di controlli risulta efficace senza la presenza di una costante e libera vigilanza del sistema dell’informazione, in una parola della pubblica opinione. E’ evidente che il sistema dei controlli è inadeguato. Ma ci vengano risparmiate, tutte le volte che si inciampa in un piccolo o grande crack, le querimonie sul risparmio indifeso e sulla latitanza degli organi di controllo, che in realtà non latitano ma si limitano a svolgere con diligenza le inutili procedure cui sono chiamati.

Intendiamoci, non che all’estero le cose vadano molto meglio, e non stiamo pensando solo al mitico Bernie Madoff. La storia della mitica Lazard di New York insegna che anche l’altrettanto mitica Sec funziona a corrente alternata. Ma, a parte il fatto che questa non è una gran consolazione, c’è da dire che di quel che succede, e soprattutto non succede, nel retrobottega degli organi di controllo di Oltreoceano, almeno ogni tanto si riesce a leggere qualcosa sui giornali e nei libri.



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