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La Popolare di Vicenza non è ammessa da Borsa Italiana: per capirne di più leggete il libro di Maurizio Crema

Borsa italiana non approva la quotazione in Borsa della Popolare di Vicenza perchè “non sussistono i presupposti per garantire il regolare funzionamento del mercato”.
La situazione si fa ancora più complicata e a chi vuol capirne di più consiglio la lettura del libro del giornalista de Il Gazzettino Maurizio Crema Bancherotte, i giorni bui di Popolare Vicenza e Veneto Banca (Ed. Nuovadimensione).
La crisi delle banche è raccontata da Crema con un ritmo incalzante, da giallo finanziario, con una ricca e dettagliata documentazione e una sezione conclusiva che propone un vademecum e i consigli per i risparmiatori.
La ricostruzione delle vicende che hanno sconvolto due grandi banche del Nordest con filiali in tutt’Italia e anche all’estero: Veneto Banca e Popolare di Vicenza.
E la storia dei due banchieri che ne hanno segnato il destino, Zonin e Consoli. Le inchieste che hanno portato ai blitz della Finanza, i giochi e le strategie che hanno impedito la fusione, le manovre e i privilegi dei grandi soci, il ruolo della Banca d’Italia, l’illusione di essere al riparo dalla crisi e poi, invece, la rovina di tanti risparmiatori che hanno visto crollare il valore delle loro azioni, quasi dieci miliardi di euro bruciati nel volgere di poche stagioni. Infine la trasformazione in Spa e la quotazione in Borsa voluta dalla Bce.
Una volta essere socio di una banca locale sembrava l’investimento più sicuro, affidato a persone conosciute e leali con il territorio. I fatti hanno svelato un’altra amara realtà.

«Di fondo- spiega Crema- rimane un’impressione agra, quella distanza tra cliente e il personale di banca ben espressa da quel promotore finanziario di Veneto Banca che ho incontrato prima dell’assemblea dell’aprile del 2015: “La clientela poco informata? La verità è che si andava a caccia di rendimenti più alti e che quando gli spiegavi che aumentavano anche i rischi loro facevano spallucce. L’avidità li ha fregati, non noi”. Ai magistrati le ardue sentenze. Ma faccio fatica a pensare a ottantenni avidi e micragnosi. Forse era solo l’idea che in banca, in quelle banche, i valori in gioco fossero altri. “La fiducia, quello ci hanno rubato”, mi ha detto più di qualcuno dei risparmiatori sentiti per questo libro e per il mio lavoro. E la fiducia una volta persa non la ritrovi più. Anche se ti compra lo straniero.»

Ed allora val la pena ricordare l’articolo 47 della Costituzione Italiana e tentare di capire dove i controllori hanno sbagliato:
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.
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