Il Consiglio di Stato ha riammesso una lista di Stefano Fassina nella corsa al Campidoglio e la strada di Roberto Giachetti si fa di nuovo in salita: così, più o meno, titolano tutti i quotidiani di oggi. Non è così: non cambia nulla. Forse solo un pugno di voti di elettori di Sel si sarebbe riversato sul candidato del Pd. La maggioranza avrebbe premiato l’astensionismo e, in primis, Virginia Raggi. Molti opinionisti sembra che ancora non abbiano capito una verità elementare: l’obiettivo strategico degli “scissionisti” del Partito democratico è quello di mandare a casa Matteo Renzi, non importa a quale costo.
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La strategia comunicativa del premier sul referendum consultivo di ottobre sta cambiando, non c’è dubbio. Per dirla con una battuta, sta tentando di trasformarlo da un plebiscito sulla sua leadership a un plebiscito contro il populismo costituzionale dei suoi oppositori. In ogni caso, e a dispetto dei suoi eventuali sforzi di appeasement, quello che si delinea è uno scontro frontale tra il PdR (Partito di Renzi, come l’ha chiamato Ilvo Diamanti) e il CLNdR (Comitato di liberazione nazionale da Renzi, come lo chiamo io). Del resto, i vecchi partigiani dell’Anpi, nel loro congresso di Rimini, hanno preannunciato all’unanimità il loro secco no al quesito referendario. Ovviamente, c’è qualche differenza tra l’occupazione nazifascista dell’Italia e una riforma parlamentare della nostra Carta. Ma i toni restano da guerra, e nemmeno tanto fredda.
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Senza scomodare Carl Schmitt, che distingueva tra “hostis” (nemico pubblico) e “inimicus” (nemico personale), “Prova dell’antico odio nazionale» –appuntava Giacomo Leopardi il 13 giugno 1821– “presso gli antichi latini o romani, ‘forestiero’ e ‘nemico’ si denotavano colla stessa parola hostis” (“Zibaldone”). Non dissimilmente, scriveva Giambattista Vico: “L’altra divisione [oltre a quella «di sappienti e di volgo»] fu di civis e hostis. E hostis significò ‘ospite’ o ‘straniero’e ‘nimico’, perché le prime città si composero di eroi e di ricevuti a’ di lor asili” (“Scienza Nuova”). Ecco, talvolta ho l’impressione che per tanti suoi avversari politici (ad eccezione, credo, di Silvio Berlusconi) Renzi sia insieme un forestiero, un nemico pubblico e un nemico personale.
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Quando ascolto i membri del Direttorio del MoVimento 5 Stelle (alcuni dei quali hanno qualche pendenza con la lingua italiana) somministrare purghe discrezionali ai dissidenti in nome della trasparenza e del rispetto delle regole, penso che del “garante” Grillo tutto si può dire ma non che non sia stato l’artefice di un vero e proprio capolavoro di melting pot sociale e culturale: quello di tenere insieme un terzo di ex berlusconiani, un terzo di ex postcomunisti e un terzo che sono contro gli uni e contro gli altri.